• Alimentazione solida: una lenta conquista

    In New Beginnings,Genn-Febbr 1997

  • Allattare oltre il primo anno di vita

    Sally Kniedel, Da mamma a mamma n. 30 - © La Leche League Italia 1993, aggiornato marzo 2009

    Non è necessario svezzare a un’età specifica

    L’altro giorno in biblioteca, ho sentito una conversazione fra due madri di bambini piccoli. Una di loro ha chiesto all’altra, “Stai ancora allattando Ryan?” L’altra rispose, “No, il pediatra mi ha detto di svezzarlo a dodici mesi quindi l’ho fatto, anche se questo mi ha quasi spezzato il cuore”.

    Mi ricordo di aver ricevuto anch’io gli stessi consigli dal pediatra quando la mia primogenita compì dodici mesi. Quando chiesi perché avrei dovuto interrompere l’allattamento, la risposta fu: “Così la bambina può imparare ad essere indipendente”. Ignorai questi consigli solo perché una mia cara amica allattava ancora con amore e tenerezza il suo bambino di due anni e mezzo senza alcun danno apparente. Tuttavia non tutte le mamme hanno un modello alternativo da seguire, quando viene loro detto che è arrivato il momento per lo svezzamento. Mi rattrista vedere tante mamme rinunciare all’allattamento a causa di consigli che sono stati dati loro in modo arbitrario, prima che madre e bambino fossero pronti allo svezzamento.

    Perché tanti medici consigliano lo svezzamento a un anno? Una signora ha scritto alla rubrica “Il medico risponde” di una rivista, chiedendo: “Quando dovrei svezzare il mio bambino?” La risposta del pediatra rifletteva un’idea molto diffusa: “Lo svezzi a un anno poiché a tale età potrà prendere il latte vaccino”. Però i bambini si attaccano al seno anche per motivi diversi dalla semplice nutrizione, e le madri non allattano solo per dovere, ma anche perché ne ricavano una profonda soddisfazione.

    Per molte madri, la domanda non è: “Per quanto tempo devo allattare, per la salute del mio bambino?” ma, piuttosto, “Esiste un limite massimo di età oltre il quale l’allattamento può provocare danni al bambino?” Se non c’è un limite d’età, perché allora non si può lasciare alla madre e al bambino questa decisione? Esistono studi che comprovino la necessità dello svezzamento a un anno?

    I benefìci dell’allattamento si estendono oltre l’anno

    Le ricerche dimostrano che i bambini possono trarre benefici dall’allattamento materno oltre il primo anno di vita. Uno dei benefici è il nutrimento. Le ricerche hanno dimostrato che il latte del secondo anno è molto simile al latte del primo anno dal punto di vista nutrizionale (nota 1), ed anzi è più nutriente(2). Anche dopo due anni, o più, esso continua a essere una valida fonte di proteine, grassi, calcio e vitamine(3). Sembra che la sua speciale composizione favorisca uno sviluppo fisiologico del metabolismo e prevenga malattie metaboliche come obesità e diabete, in misura maggiore quanto più il bambino è allattato(4,5,6,7,8), proteggendo anche dalle malattie cardiovascolari(4,9).

    Un secondo beneficio è l’immunità verso le malattie. È stato dimostrato che la concentrazione delle sostanze immunitarie contenute nel latte materno aumenta man mano che il bambino cresce e poppa meno, e quindi anche i bambini più grandi continuano a beneficiare di tanti fattori immunitari(10,11,12,13). Uno studio dal Bangladesh fornisce una drammatica dimostrazione dell’effetto che la privazione di queste immunità può avere. In questo ambiente povero, si è visto che lo svezzamento dei bambini fra i diciotto e i trentasei mesi di vita raddoppia il rischio di morte(14). Naturalmente nei paesi sviluppati lo svezzamento non è una questione di vita o di morte; l’allattamento protratto può però significare meno visite mediche.

    Un terzo vantaggio dal punto di vista della salute fisica è quello di evitare l’insorgere di allergie. È ampiamente documentato che ci sono meno probabilità di reazioni allergiche introducendo il più tardi possibile il latte vaccino e altri comuni alimenti allergenici nella dieta del bambino(15,16,17).

    Considerazioni psicologiche

    Ogni madre che ha allattato un bambino oltre i dodici mesi di vita conosce la tenerezza e l’intimità generati dall’allattamento di un piccolo essere, grande a sufficienza per parlarne. Non abbiamo bisogno di leggere su riviste mediche che l’allattamento materno continuato dà soddisfazione sia alla madre che al bambino. Ma è mai stato pubblicato qualche documento riguardo a questi benefici?

    Un articolo scritto dalla psichiatra L.R. Waletzky(18) consiglia lo svezzamento naturale. L'autrice considera traumatico per il bambino lo svezzamento forzato e dice che la maggior parte dei consigli che riguardano lo svezzamento dati dai pediatri “si basa su considerazioni e pregiudizi personali e non su evidenze cliniche”. Aggiunge: “Togliere a un bambino in modo brusco e prematuro l’esperienza emotiva più soddisfacente che egli abbia mai conosciuto potrebbe (...) portare a una significativa e immediata angoscia che si può protrarre nel tempo (...). Un simile approccio considera l’allattamento solo come “fonte di latte” e non riesce a concepire il suo significato come mezzo di conforto, piacere e comunicazione per la madre e per il bambino”.

    Le madri che allattano al seno vedono i loro bambini in una luce più positiva

    È scarsa la documentazione sulle ricerche riguardo agli aspetti psicologici dell’allattamento materno. Uno studio, che si occupa specificamente di bambini allattati per più di un anno, mostra un legame significativo fra la durata dell’allattamento e l’inserimento sociale dei bambini fra i sei e gli otto anni. Questa ricerca si è basata su valutazioni fatte dalle madri di questi bambini e dai loro insegnanti(19). Nelle parole dei ricercatori: “Ci sono tendenze statisticamente significative che dimostrano che i disturbi del comportamento diminuiscono con l’aumento della durata dell’allattamento materno”. Gli autori sono stati cauti nell’interpretare questi risultati, dicendo che non hanno verificato scientificamente le differenze d’interazione madre-bambino nell’allattamento materno e in quello artificiale (ciò potrebbe chiarire le differenze osservate nell’inserimento sociale dei bambini più grandi). Ma non ha molta importanza se il miglior inserimento di un bambino è dovuto all’allattamento in sé, o ai comportamenti materni che sono tipici di donne aperte all’idea di allattare i loro bambini per un anno o più. Quello che conta è il risultato; più i bambini sono stati allattati, migliore è stato il loro inserimento sociale. La relazione tra durata dell’allattamento materno e adattamento sociale è stata più forte e coerente quando il comportamento dei bambini è stato valutato dalle madri piuttosto che dagli insegnanti (sebbene per entrambe l’associazione di questi due fattori sia stata significativa), il che suggerisce che le madri che allattano per periodi più lunghi sono portate a vedere i loro bambini in una luce più positiva rispetto alle madri che non lo fanno.

    Penso che molte di noi sarebbero d’accordo nell’affermare che l’allattamento ci aiuta a rapportarci nei confronti dei nostri figli in una maniera più positiva. Ci aiuta a sentirci più vicine e affettuose, il che è particolarmente utile per superare le pretese irrazionali e le crisi emotive dei bambini fra gli uno e i tre anni. Anche quando mi sento molto tesa, quando mi siedo per allattare il mio bambino più piccolo succede che alla fine della poppata quasi sempre ci alziamo tutti e due rilassati e allegri.

    Gli atteggiamenti culturali influiscono anche sui medici

    Quando i medici danno consigli sullo svezzamento, si basano sui risultati della ricerca medica? A quanto pare no, poiché non c’è nessuna indicazione che attesti che l’allattamento materno oltre il primo anno di vita abbia qualche effetto negativo; d’altra parte ci sono ampie prove dei suoi effetti benefici. Allora, su che cosa si basa il consiglio spesso sentito, “Svezzate il bambino a un anno”?

    Probabilmente, tanti fattori vi concorrono; uno di questi può essere rappresentato semplicemente dalle aspettative culturali o, come dice la Waletzky, “...dal pregiudizio personale”. Come tutti, anche i medici sono influenzati dalle tendenze culturali. E la tendenza dei genitori nell’allevamento dei figli al giorno d’oggi è quella di avere aspettative di sviluppo precoce e indipendenza anticipata. L’enfasi per lo svezzamento anticipato va di pari passo con la tendenza generale a incoraggiare l’indipendenza precoce. Ironicamente, secondo la Waletzky e molti altri, un precoce svezzamento forzato può ostacolare proprio lo sviluppo emotivo del bambino, e aumentarne la dipendenza.

    Un altro fattore che influisce sugli atteggiamenti assunti verso lo svezzamento può essere la vita frenetica della nostra società. Allattare senza restrizioni non sembra compatibile con lo stile di vita moderno. Molti articoli sullo svezzamento esprimono implicitamente l’idea che le madri vogliano smettere di allattare appena le capacità digestive dei loro figli lo rendano possibile.

    Può anche essere che i medici, come tutti, siano influenzati da pregiudizi culturali che considerano il seno come un richiamo sessuale. Un bambino abbastanza grande per parlare può essere considerato troppo grande per trovare conforto fisico al seno della mamma.

    Il nocciolo della questione può essere semplicemente spiegato dal fatto che nella nostra cultura non è comune allattare per più di un anno, quindi la maggior parte delle persone suppone che la madre di un bambino che abbia compiuto l’anno desideri svezzarlo.

    Concetti erronei

    Alcuni medici possono essere del parere che l’allattamento al seno possa interferire con il desiderio di un bambino di mangiare altri cibi. Eppure non c’è niente che dimostri che i bambini che ancora poppano tendano maggiormente a rifiutare cibi in aggiunta al latte materno, rispetto ai bambini già svezzati. Infatti, nei paesi del terzo mondo, dove l’appetito di un bambino malnutrito fra l’anno e i tre anni può essere d’importanza critica, la maggior parte dei ricercatori consiglia di proseguire con l’allattamento materno anche nel caso di bambini gravemente malnutriti(14,20,21,22), suggerendo di aiutare il bambino malnutrito non con lo svezzamento, ma arricchendo la dieta della madre, per migliorare la qualità nutritiva del suo latte(23,3), e offrendo al bambino cibi più variati e gustosi per migliorare il suo appetito(20,24,25).

    Come parlare al medico

    Molti medici pensano che le madri considerino l’allattamento al seno un fastidio invece che un piacere, perciò è molto importante dire al medico che si desidera continuare ad allattare. Se la madre non esprime chiaramente un’opinione diversa, il medico potrebbe pensare che le uniche cose che lei tiene in considerazione siano la nutrizione del bambino e la propria comodità.

    Esprimere il proprio punto di vista con sicurezza è probabilmente il modo migliore per influenzare positivamente le idee del medico. Per esempio, si potrebbe dire “Emma e io stiamo veramente godendo il nostro rapporto di allattamento. Sembra che le faccia bene; è una bambina felice e cresce così bene”. Paragoniamo questo con un approccio meno sicuro: “Non sono sicura se sia giunto il momento per svezzare Emma. L’allattamento al seno non sembra che le faccia male, veramente. Pensa che possa continuare?”. Quale dei due modi solleciterà più probabilmente una risposta positiva sul proseguire l’allattamento?

    Non tutti i medici consigliano lo svezzamento a un anno; ma quelli che lo fanno potrebbero imparare dalle madri che comunicano il loro entusiasmo per lo svezzamento naturale. All’ambulatorio pediatrico molte di noi rimangono zitte sulla questione dell’allattamento, per evitare consigli non desiderati; ma se fossimo più loquaci nell’affermare il piacere di allattare un bambino che ha superato l’anno, forse potremmo cambiare alcuni atteggiamenti altrui. Ci vogliono convinzione e sicurezza; per quanto mi riguarda, sapere che le ricerche svolte sull’argomento sostengono lo svezzamento naturale mi ha rassicurato ulteriormente sulla sua validità, sia dal punto di vista medico che emotivo.

    Bibliografia

    1. Victora, C.G. et al.,: Is prolonged breastfeeding associated with malnutrition? Am J Clin Nutr 1984; 39: 307-14
    2. Mandel D, Lubetzky R, Dollberg S et al Fat and energy contents of expressed human breast milk in prolonged lactation. Pediatrics. 2005;116(3):e432-5
    3. Jeliffe, D.B., e Jeliffe, D.B.P.: The volume and composition of human milk in poorly nourished communities. A review. Am J Clin Nutr 1978; 31:492-509
    4. Kramer MS et al. Effects of prolonged and exclusive breastfeeding on child height, weight, adiposity, and blood pressure at age 6.5 y: evidence from a large randomized trial. Am J Clin Nutr 2007;86(6):1717-1721
    5. Stuebe AM, Rich-Edwards JW, Willett WC et al. Duration of lactation and incidence of type 2 diabetes. JAMA 2005;294(20):2601-10
    6. Arenz S, von Kries R. Protective effect of breastfeeding against obesity in childhood. Can a meta-analysis of observational studies help to validate the hypothesis? Adv Exp Med Biol. 2005;569:40-8
    7. Burke V, Beilin LJ, Simmer K. Breastfeeding and overweight: Longitudinal analysis in an australian birth cohort. J Pediatr 2005;35(8):1014-21
    8. Harder T, Bergmann R, Kallischnigg G et al. Duration of breastfeeding and risk of overweight: a meta-analysis. Am J Epidemiol. 2005;162(5):397-403
    9. Williams MJA, Williams SM, Poulton R. Breast feeding is related to C reactive protein concentration in adult women. J Epidemiol Community Health 2006;60:146-48
    10. Goldman, A.S. et al.,: Immunologic components in human milk during the second year of lactation. Acta Paediatr Scand 1983; 722:133-34
    11. Guilick, E.E.: Effects of Breastfeeding on Infant Health. Pediatr Nurs 1986; 12 (1): 51-54
    12. Quigley MA, Kelly YJ, Sacker A. Breastfeeding and hospitalization for diarrheal and respiratory infection in the United Kingdom Millennium Cohort Study. Pediatrics 2007;119(4):e837-42
    13. Kuhn L, Kasonde P, Sinkala M et al. Prolonged breast-feeding and mortality up to two years post-partum among HIV-positive women in Zambia. AIDS. 2005;19(15):1677-81
    14. iend, A. et al.,: Breastfeeding, nutritional state, and child survival in rural Bangladesh. Br Med J 1988; 296:879-82
    15. Savilahti, V.M. et al.,: Prolonged exclusive breastfeeding and heredity as determinants in infantile atopy. Arch Dis Child 1987; 62: 269-73
    16. Obihara CC, Marais BJ, Gie RP et al. The association of prolonged breastfeeding and allergic disease in poor urban children. Eur Respir J. 2005;25(6):970-7
    17. Kramer MS et al. Effect of prolonged and exclusive breast feeding on risk of allergy and asthma: cluster randomised trial BMJ 2007;335(7624):815
    18. Waletzky, L.R.: Breastfeeding and weaning: some psychological considerations. Primary Care 1979; 6:341-55
    19. Ferguson, D.M. et al.,: Breastfeeding and subsequent social adjustment in six- to eight-year-old children. J Child Psychol Psychiatr Allied Discip 1987; 28:378-86
    20. Rohde, J.E.: Breastfeeding beyond twelve months. Lancet 1988; 2:1016
    21. Shattock, F.M. e Stephens, A.J.H.: Duration of breastfeeding. Lancet 1975; 1:113-14
    22. Whitehead, R.G.: The human weaning process. Pediatr 1985; 75:189-93
    23. Ahn, C.H., e MacLean, W.C.: Growth of the exclusively breastfed infant. Am J Clin Nutr 1980; 33:183-92
    24. Tangermann, R.H. et al.,: Breastfeeding beyond 12 months. Lancet 1988; 2:1016
    25. Underwood, B.A. Weaning practices in deprived environments: the weaning dilemma. Pediatr 1985; 75:194-98

  • Come affrontare le critiche altrui: suggerimenti ed argomenti utili

    Quando aspettavo la nascita di Martino, ero fermamente convinta che sarei stata una buona madre e che avrei saputo far fronte ai numerosi impegni e problemi che via via si sarebbero presentati con un bimbo piccolo. Non avevo fatto però i conti con la realtà di terrorismo che mi avrebbe circondata facendomi sempre più sentire inadeguata al mio ruolo di madre "animale".

    Se Martino piangeva era perché il mio latte certamente non gli bastava, se faceva la "cacca" ad ogni poppata era certamente perché il mio latte era troppo pesante e così via. Tutto questo ha minato profondamente le mie sicurezze facendomi fare numerosi errori: aggiunte, camomille, succhiotti… e tanta delusione per un'esperienza da cui mi aspettavo solo piacere.

    (da Tu sei sua madre, di Grazia Tenconi)

    Il mio primo bambino è nato il 22 giugno 1993; durante la gravidanza mi ero fatta l'idea che non avrei avuto alcun problema ad allattare perché fin dal sesto mese perdevo latte dai capezzoli (...) Lo portammo alla prima visita dal pediatra che avevo da bambina, il quale disse (...): "Se vuoi allattarlo almeno per i primi 3 mesi attaccalo tutte le volte che vuole". Questa era una novità per me (...); peccato che non mi avesse dato spiegazioni più chiare soprattutto per rendermi meno confusa davanti ai dubbi che tutti i vari "consiglieri" avanzavano (se non hai latte che lo attacchi a fare, devi fare la pausa di tre ore... ecc, ecc.). (...) Quando è nato Elia (...) la musica è stata completamente diversa. (...) Ho respinto con gentilezza tutti i consigli non richiesti e mi sono mostrata fermamente decisa quando qualcuno mi faceva delle obiezioni (non avete idea di quanta gente, addirittura appena uscita dall'ospedale, mi diceva "Ma non avrai intenzione di allattare anche questo per tutto quel tempo!" Domanda: ma a voi che cosa ve ne importa, visto che non è un problema per i diretti interessati, io, marito e figli!!!!!)

    (da La storia di Martina, di Martina Carabetta)

    Per affrontare le innumerevoli situazioni in cui ci sentiamo criticate o addirittura derise, esistono alcuni argomenti utili da usare nelle discussioni o alcuni suggerimenti su come affrontare le questioni spinose, limitando il più possibile la perdirta di energie preziose.

    Ricorda innanzitutto che il tuo atteggiamento ed il tono della voce hanno un ruolo fondamentale nel far sì che gli altri accettino il tuo punto di vista.

    1. Parla sempre in prima persona, invece di "attaccare" l'interlocutore direttamente. Per esempio, invece di dire "Tu mi critichi sempre", prova a dire "Preferirei che non fossi sempre pronta/o a criticarmi".

    2. Puoi cercare di portare l'interlocutore dalla tua parte dicendo cose tipo:

    a) Il tuo sostegno significa veramente molto per me.

    b) È impressionante la quantità di ricerche che sono state fatte in questi anni. Magari ti sorprenderai vedendomi fare tutto questo. Spero anch'io di essere in grado di aiutare la mia bambina, quando avrà una famiglia sua...

    c) Sono contenta che tu ti preoccupi così tanto per il bambino. Quanto a me, mi sono informata sulla questione e sono contenta della decisione che ho preso. Anzi, sarei felice di raccontarti tutto quello che ho scoperto nel corso delle mie ricerche.

    d) Si vede proprio che vuoi molto bene al bambino e che ti preoccupi per lui.

    e) Vedo che questo argomento ti sta veramente a cuore.

    f) Non dimentichiamo che siamo dalla stessa parte.

    g) Ecco qualcosa che mi ha fatto riflettere a lungo.

    3. Puoi semplicemente tenere le distanze, con la massima delicatezza

    a) Ognuno deve sentirsi libero di prendere le decisioni che ritiene più adatte alla sua personale situazione.

    b) Ci ho pensato bene e ritengo che si tratti di una decisione che riguarda me: ti sarei grata se tu mi lasciassi fare.

    c) Ognuno deve sentirsi libero di prendere le decisioni che ritiene più adatte alla sua personale situazione.

    d) È una decisione molto personale, e io non imporrei mai il mio personale punto di vista a nessuno.

    e) I genitori di... siamo noi, e abbiamo preso una decisione.

    f) Siamo in un vicolo cieco. Abbiamo opinioni diverse, ma possiamo sempre restare amiche, no?

     4.Cita fonti autorevoli per dare forza ai tuoi argomenti

    a) Il mio medico sostiene che...

    b) L'Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene che...

    5. Allenta la presa, concedendo qualcosa al tuo interlocutore

    a) Sì, è senz'altro un altro modo di affrontare il problema.

    b) Sono contenta che abbia funzionato per te e per il tuo bambino.

    c) C'è del buono da entrambe le parti...

    d) Magari hai ragione.

    e) Dammi un po' di tempo per riflettere su quello che mi hai detto.

    f) È una cosa che va bene a noi, in questa precisa situazione, ma non è detto che vada bene anche a te.

    6. Cambia argomento o dai un nuovo orientamento alla discussione

    a) Questo è stato argomento di discussione per generazioni: cerchiamo di non cadere anche noi nella trappola, d'accordo?

    b) Penso che stiamo perdendo di vista il nostro obiettivo comune, che è il benessere del bambino. Facciamo un passo indietro.

    c) Possiamo discutere di questioni davvero importanti?

    d) Mi sa che di questo passo finiremo per tirare in ballo la religione e la politica: non mi sembra un buon argomento di conversazione per noi...

    e) Discutere di questo può farmi veramente perdere le staffe. Mi dispiace se sono stata un po' dura. Meglio cambiare argomento.

    f) Perché non troviamo un compromesso? Tu non parli più di questo e io smetto di criticare il tuo modo di guidare.

    7....limitati a sorridere :-)

     

    Come prevenire le critiche

    1. Usa la massima discrezione

    2. Non gettarti in discussioni che preferiresti evitare

    3. Evita di affrontare l'argomento se pensi che il tuo interlocutore sia in disaccordo con te. Piuttosto, concentrati su temi e argomenti che vi vedono su posizioni comuni

    4. Dai delle spiegazioni su ciò che fai, prima che ti vengano richieste. Fallo con gentilezza, e mostra ai tuoi interlocutori che ciò rende felici sia te che il bambino. E sii tollerante nei confronti delle decisioni prese dagli altri

    5. Mostra sicurezza e serenità nel fare le cose, anche se magari non ti senti né troppo sicura né troppo serena. Non esprimere i tuoi dubbi a persone che sai essere in disaccordo con te.

    Infine:

    1. Resta al di sopra delle critiche, cercando però il più possibile di non metterti al di sopra delle persone: è sempre meglio replicare con argomenti positivi e non minacciosi. Nel metterti al di sopra delle critiche, cerca di non dare troppa importanza alle cose.

    2. A volte è meglio ignorare il contenuto della critica e prendere in considerazione la sua fonte: spesso le persone si mettono sulla difensiva e attaccano gli altri, semplicemente perché si comportano in modo diverso dal loro.

    Se prevedi di trovarti in situazioni nelle quali le tue scelte verranno messe in discussione, puoi prepararti in anticipo. E quando ti trovi nel bel mezzo di una situazione difficile, fermati un momento e fai un bel respiro prima di rispondere.

    Puoi approfondire questo argomento contattando una Consulente de La Leche League e consultando le pubblicazioni de La Leche League.

     

  • Giocherellare... con il capezzolo

    Su New BeginningsMaggio-Giugno 1996

  • I benefici di allattare un bambino di età superiore all’anno

    Si possono allattare bambini di età superiore all'anno per gli stessi motivi dei neonati: è un modo di coccolarli, di rassicurarli e di calmarli.

    Infatti, le mamme allattano i loro figli più grandicelli perché ne capiscono i bisogni, vogliono dar loro conforto e sicurezza, perché apprezzano la vicinanza che crea l'allattamento, riconoscendone i vantaggi per la salute.

    Allattare un bambino oltre l'anno vuol dire aiutarlo a crescere. Alcuni esperti affermano che un bambino grandicello non svezzato dal seno potrebbe avere difficoltà nel diventare indipendente. Tuttavia, di solito, i bambini più timorosi e attaccati alla mamma sono invece quelli che a cui è stato richiesto di essere troppo indipendenti troppo presto. Un bambino allattato vede tutti i suoi bisogni di dipendenza soddisfatti, ed è per questo che la vicinanza e la disponibilità della mamma attraverso l'allattamento è il modo migliore di aiutarlo a crescere.

    L'allattamento materno può insegnare a un bambino più grandicello l'idea di "disciplina", qui intesa nel senso di imparare a distinguere cosa è buono e giusto, senza essere punito per il comportamento che normalmente ha un bambino di quella età. Per imparare a essere disciplinato, un bambino ha bisogno di sentirsi bene con se stesso e con il suo mondo. L'allattamento lo aiuta a sentirsi bene con se stesso, proprio perché soddisfa i suoi bisogni.

    I bambini più grandicelli hanno il mondo intero da esplorare e l'allattamento fornisce loro un momento tranquillo e calmo nella loro vita in costante movimento.

    Come per i neonati, anche per i bambini più grandicelli l'allattamento comporta vantaggi per la salute. Infatti il latte materno continua a fornire anticorpi e vitamine e può proteggerli da allergie e malattie. Se il bambino si ammala, l'allattamento può aiutare a confortarlo. Infatti, il bambino con lo stomaco in disordine può non tollerare nulla se non il latte della mamma.

    Sfortunatamente, non si vedono spesso mamme che allattano bambini oltre l'anno. Se c'è vicino a te un gruppo de La Leche League, frequentarlo può essere una buona occasione per conoscere altre mamme che allattano bambini oltre l'anno.

    Di recente il Ministero della Salute italiano ha pubblicato sul suo sito un comunicato che ribadisce la correttezza dell'allattamento di lunga durata, trovi il comunicato qui

    Puoi approfondire tutti questi aspetticontattando una Consulente de La Leche League e consultando le pubblicazioni de La Leche League, in particolare il libri "Allatti ancora?" e "Sogni d'oro".

  • Quando i genitori non sono d'accordo

    di Larry e Susan Kaseman, Wisconsin, USA in New Beginnings, luglio-agosto 1995, e in Da mamma a mamma n. 47, primavera 1997