• È possibile rilattare?

    Vorrei provare a recuperare l'allattamento dopo un'interruzione. Come posso rilattare?

    Qualche volta una madre decide di recuperare l'allattamento, a causa di un'emergenza, quando c'è una scarsità di altro cibo, dopo una separazione ecc. Spesso può ricostruire con successo la produzione di latte, con pazienza e con determinazione (e con un bambino collaborativo!). Il volume L'arte dell'allattamento materno, pubblicato da La Leche League, raccomanda le seguenti strategie per rilattare e indurre la lattazione, o per incentivare la produzione di latte:

    - Attaccare il bambino al seno il più spesso possibile, per nutrirlo e per conforto anche fra i pasti. 

    - Estrarre spesso il latte (manualmente o con un tiralatte). 

    - Usare un DAS, Dispositivo di Alimentazione Supplementare (se è disponibile e se le condizioni sanitarie sono abbastanza sicure per usarlo in maniera corretta) per offrire latte in aggiunta mentre il bambino succhia al seno (è anche possibile costruirlo in casa, puoi vedere come si fa nella sezione dei Video cliccando qui)

    - Leggi anche la risposta suCome posso incrementare la mia produzione di latte? che contiene suggerimenti preziosi per ri-lattare, ed il nostro articolo sucome si produce il latte che contiene informazioni preziose su come la produzione di latte si avvii e si mantenga.

    Puoi approfondire ulteriormente questo argomento contattando una Consulente de La Leche League e consultando le pubblicazioni de La Leche League.

  • E' possibile tornare al seno?

    Una mamma racconta:

    Dal momento in cui ho visto le due linee blu sul test di gravidanza, ho desiderato allattare. Purtroppo, le complicazioni sono esplose nel giorno del parto.

    Dal momento in cui ho visto le due linee blu sul test di gravidanza, ho desiderato allattare. Purtroppo, le complicazioni sono esplose nel giorno del parto: avevo una pre-eclampsia, un travaglio di 17 ore e un taglio cesareo d’emergenza. Pur avendo la flebo in entrata e in uscita da entrambe le mie braccia, e nonostante non avessi mai preso in braccio un bambino in vita mia, non vedevo l’ora di trascorrere la prima notte con mio figlio e di allattarlo. Quando mi hanno portato in sala di rianimazione con la goccia che scendeva nella mia flebo, il controllo della pressione del sangue e il catetere, mi sono resa conto che non potevo assolutamente muovermi. L’ostetrica entrò e disse: “Se stasera vuoi riposare possiamo dare noi al bambino del latte artificiale”. Io avrei voluto urlarle di no, e invece ho semplicemente detto: “Grazie. Lo so che lo fate per il mio bene, ma sono fermamente intenzionata ad allattare il mio bambino”

    Per cinque giorni finché eravamo in ospedale ho allattato al seno, poi per altri sei giorni a casa. Prendevo una tonnellata di farmaci per l’ipertensione e stavo assumendo anche potenti antidolorifici dopo il cesareo. Poi si è sviluppata un’infezione dopo l’altra e ho dovuto fare anche due cicli di antibiotici. Una notte ho avuto la febbre alta ed avevo la testa leggera, sudavo, avevo i brividi gelati. Ho ricordi nebbiosi di mia madre e mio marito che mi mettevano sulla testa e sul collo del ghiaccio dentro agli asciugamani.

    Mia madre suggerì che io dessi la formula al bambino, di modo che lei e mio marito potessero occuparsi di lui e “fare” le notti. Ero malata,  e debole, e ho pensato: “Perché no?” Significava che avrei potuto dormire tutta la notte e tutto il giorno. Il farmaco per l’ipertensione mi rendeva molto sonnolenta. Sono anche caduta giù dalle scale, una volta, a causa della sonnolenza. Ho provato ancora ad allattare, ma non funzionava perché ero stata troppo tempo a dormire. Un biberon è diventato due, sono diventati  quattro e così via. Tutto questo è successo molto rapidamente. Dopo solo due giorni di biberon, ho visto che il mio bambino girava già la testa dall’altra parte e piangeva quando provavo ad allattarlo. Ho pensato che, ovviamente, avesse preferito il gusto della formula, che avesse preferito un capezzolo di silicone, e chiaramente che io non avevo abbastanza latte.

    Quando la visita di mia madre ebbe fine, mio figlio aveva quattro settimane ed era allattato al seno solo tre volte al giorno, solo quando lui era calmo o dormicchiava. Quando era isterico, accettava solo il biberon. Sono andata avanti con il biberon , anche durante la notte, perché pensavo che se non avesse svuotato il biberon sarebbe stato sveglio ancora di più. Non mi rendevo conto che il biberon durante la notte avrebbe ridotto ancora di più la mia produzione di latte.

    Un bel giorno, a circa nove settimane, il mio bambino rifiutò totalmente il seno e passò completamente alla formula. È stato straziante, per me. Dovevo fare qualcosa! Aveva già iniziato a sorriderm. Aveva tantissimi sorrisi per me e ho capito che non era solo “un” bambino, era “il mio” bambino. Lo avevo allattato e volevo continuare a farlo. Quando lo allattavo gli annusavo i capelli e guardavo il lato del suo viso per un tempo infinito fino a quando non si addormentava. Non ero mai stanca di guardarlo e parlargli.

    Con la formula invece i suoi occhi erano aperti e guardavano in alto. Era il suo modo di affrontare il biberon. Molte madri hanno rinunciato, perché sono state altrettanto felici di dare la formula piuttosto che il seno, ma io non ho potuto. Avevo ed ho un bisogno molto forte di allattare. Per me è una parte integrante della maternità. Quando era stato al seno io ero stata piena di felicità e ogni volta che davo il biberon sentivo una terribile onda di tristezza e di dolore.

    Ho cercato ogni tipo di libri per avere più informazioni e capire se io avrei dovuto rinunciare al seno, perché in fondo il mio bambino cresceva e era felice di prendere la formula. Ma non c’era un libro che mi desse un motivo per rinunciare al seno. Non ero pronta a svezzarlo e ho voluto il meglio per lui. Ho trovato il numero de La Leche League e l’ho appeso sopra la mia scrivania. Ho chiamato ed ho avuto molta fortuna a parlare con Anne Jobling. Ero ancora in tempo! Mio figlio aveva solo dieci settimane.

    Le mie prime parole sono state “Voglio davvero, davvero allattare!” Anne generosamente mi ha dato il suo tempo e di sostegno. Le ho detto che avevo avuto un avvio molto semplice nei primi 11 giorni e non avevo riscontrato problemi con l’allattamento. Non ho sofferto di ragadi, mastite, ingorgo, o una qualsiasi delle battute d’arresto in cui incappano comunemente le altre mamme. Ero stato fortunata, ma avevo “perso”. Non allattavo più al seno ma la mia voglia di farlo era veramente forte. Non ho fatto lo sforzo di mangiare tanto bene per tutta la mia gravidanza per finire a dare a mio figlio del cibo da una lattina. E non mi sembrava giusto.

    Io non detesto la formula, non penso che sia veleno. Domani, se tutto il resto fallisce ci sarà sempre la formula. Anne mi ha avvertito che ci sarebbe voluto un duro lavoro e che il successo sarebbe dipeso anche dal mio bambino. Ho capito che potevo cercare solo di fare del mio meglio. Ho iniziato il mio ritorno al seno seguendo i suggerimenti di Anne. Ho avuto fiducia in lei. Ho messo da parte ogni persona o ogni attività che sarebbe state un elemento di distrazione per i miei sforzi per tre giorni almeno. Ho evitato di fare qualsiasi altra cosa. Mio marito mi è stato vicino anche perché non ho cucinato, lavato o seguito le pulizie in quel periodo. Ho ordinato una tisana a base di erbe, e l’ho presa quattro volte al giorno. Ho mangiato pappa d’avena al mattino, ho bevuto molta più acqua. Ho iniziato offrendo il seno ogni due ore, con o senza che mio figlio avesse fame. Ci siamo quasi rinchiusi in una stanza in penombra, e abbiamo indossato per molti giorni pochi vestiti per massimizzare il contatto pelle a pelle. Erano tutti tentativi di superare il rifiuto del seno in modo graduale. A volte il mio bambino prendeva il seno, a volte gridava. Se prendeva il seno, lo ninnavo altrimenti avrebbe sputato fuori il capezzolo dopo poche ciucciate. Spesso gridava, e inarcava la schiena lontano dal seno, tanta era la sua avversione per l’allattamento. Sembrava impossibile che fosse un bambino che era stato allattato. Quando non prendeva il seno e era partito il riflesso di emissione, mi gocciolava il latte dappertutto, sui jeans, sui suoi vestiti, eppure, ironia della sorte, lui a me preferiva la sua bevanda sintetica. Ma c’era ancora speranza. Se riuscivo ad allattarlo qualche volta, forse un giorno sarei riuscita a darglielo sempre. Quando la percentuale di formual era ancora alta, allattavo al seno ma poi dovevo dare la giunta. Se non aveva poppato, allora dovevo tirare il latte col tiralatte, dopo che gli avevo dato il biberon. Ho speso un sacco di soldi per un tiralatte elettrico doppio, che poi ho potuto rivendere per recuperare parte del denaro quando non fosse più servito.

    Gli davo il latte tirato nel biberon di modo che intanto si abituasse al gusto del latte materno.

    Il primo obiettivo era quello di attaccarlo o tirarmi il latte almeno dieci-dodici volte nelle 24 ore. Ho registrato il tempo e il metodo di alimentazione in un quadernino (cosa che sto ancora facendo, per abitudine). Ho scritto quanti grammi di formula, sia la quantità iniziale sia l’eventuale avanzo. Il secondo obiettivo era quello di ridurre gradualmente la formula senza che il mio bambino patisse e avesse ancora da sei a otto pannolini bagnati nelle 24 ore. Ho ridotto la formula di circa 20 grammi al giorno. Dopo tre giorni ero euforica: la formula era dimezzata. Questo mi ha fatto capire che il latte materno era raddoppiato. Ho pensato che era davvero incredibile, dal momento che stavo rilattando. Ho continuato con la riduzione della formula per altri cinque giorni. Ho telefonato per dare ad Anne la bella notizia. Come al solito, è stata molto incoraggiante e pensava che avessi fatto un ottimo lavoro. Quando ho pensato che ce l’avessimo fatta, ecco un altro grave rifiuto del seno. Andò avanti per otto giorni, questa volta. Il mio bambino aveva il naso tappato e mi respingeva, sembrava impazzito. Ha urlato e urlato quando ho cercato di allattarlo, come se stessi per dargli del veleno. Latte schizzato ovunque, un pasticcio terribile. Avevo più latte e quindi ho dovuto tirarmelo anche più frequentemente. Dopo cinque giorni, ancora rifiutava di ciucciare nonostante tutti i dondolii e  gli ondeggiamenti, il contatto pelle a pelle, provare a allattare in piedi, o attaccandolo quando non aveva fame, anche nel bel mezzo di la notte: è stato tutto inutile. Ha semplicemente rifiutato. Ho chiamato di nuovo Anne. Ma lei non c’era e così chiamai una consulente professionale in allattamento. Disse di consolarlo ancora e ancora fino a che non avesse preso il seno. “Basta che tu smetta di dargli il biberon, prima o poi”. Ho replicato che non volevo farlo morire di fame. Ma quando ho detto che pesava come un macigno, rise e disse: “Tu morirai di fame, non certo lui.” Così l’ho lasciato piangere. Sono andata a confortarlo e gli ho offerto il seno. Quando si rifiutava, lasciavo perdere e aspettavo che si calmasse. Siamo andati avanti per tre giorni. Alla fine del terzo giorno, ho ricominciato un’altra volta la riduzione della formula e l’aumento dell’allattamento al seno. Cinque giorni più tardi, dopo averlo allattato, mio figlio alzò gli occhi e mi sorrise. Ero spaventata. Di solito, mi accoglieva con fastidio, irritazione, e poi dovevo preparare la giunta; quella volta lui era pieno. Non ne voleva più.

    Io non ci potevo credere. Era pieno di latte materno”. Non c’era più bisogno della formula. Avevo desiderato questo momento così tanto! Eravamo tornati all’allattamento, e pienamente. Lo allatto sette o otto volte al giorno, ora, e ogni volta che ha finito la sua poppata, mi guarda fisso negli occhi e sorride del suo grande sorriso. È la sensazione più bella del mondo. Posso allattare in qualsiasi ora, in un luogo pubblico, con una sicurezza e facilità che non avrei mai potuto considerare prima. Ogni volta che allatto penso che ogni poppata è un miracolo, io sto “facendo” cibo per qualcuno, usando solo il mio corpo. Chi non ha mai (o non può) allattare non capisce la sua magia. Sono così contenta di aver messo tutto il mio impegno, il cuore e l’anima nella rilattazione. Ne valeva così la pena. Ad essere onesti, siamo stati in più di due a fare lo sforzo, non solo il mio bambino d io, ma la famiglia e, ovviamente, La Leche League. Non ci sono riuscita da sola. Mia madre e mio marito sono entrambi molto orgogliosi di me e sono commossi dai miei sforzi per dare a mio figlio il miglior inizio. Non passa giorno in cui non ringrazi Anne per il suo aiuto. Sono tanto riconoscente che qualcuno abbia capito che cosa significava per me l’allattamento.

    Ivy Ngeow Davis, SW Londra, GB

  • Recuperare l’allattamento - Come una mamma ha deciso di tornare indietro

    Durante un incontro in diretta su FB una mamma ci ha raccontato un pezzetto della sua storia, ed è nata questa testimonianza, che pubblichiamo con la certezza che questa testimonianza potrà aiutare tante altre mamme in difficoltà.

     

    Ho 28 anni e sono mamma di due bambine, una di 3 anni e l’altra di 3 mesi.

    Quando è nata la prima non sapevo praticamente nulla sull’allattamento e per 4 mesi ho dato il seno e poi sempre un’aggiunta, non sapevo a chi rivolgermi e in ospedale mi sono sentita totalmente abbandonata a me stessa.

    Quando sono rimasta incinta della seconda, la prima cosa che ho detto al mio compagno è stata “Succeda quel che succeda io desidero allattare, questa volta”, nonostante non avessi un bel ricordo della prima esperienza (tra ingorghi e febbricciole mi sentivo sempre tanto spossata).

    In questi 3 anni ho avuto modo di informarmi, ho visto amiche fare corsi e consulenze, captavo informazioni ovunque, mi sentivo invincibile e niente avrebbe potuto ostacolare il mio desidero di allattare.

    Ho partorito con un parto cesareo d’urgenza l’8 luglio 2020. Ho attaccato la bambina per la prima volta dopo 7 ore e mi sono alzata dopo 10, non lasciandola più se non per le visite di routine. L’ho tenuta attaccata a me di continuo e al terzo giorno di vita siamo tornate a casa che avevo già la montata (per sfatare il mito secondo il quale chi fa il cesareo non riesce ad allattare).

    Tutto procedeva bene, avevo qualche ragade e qualche piccolo ingorgo ma cercavo di risolverli tempestivamente.

    Fino al 24 luglio.

    La bimba nelle ore precedenti si era attaccata spessissimo, tant’è che la sera prima mi sentivo i seni praticamene sgonfi e il destro faceva male, mi lanciava degli spilli in alcuni punti, ma non sentivo ingorghi e mi sentivo tranquilla per questo.

    Mi sentivo però molto debole e spossata, molto più dei giorni precedenti.

    Ceno e mi metto poi a letto all’una, prendendo una Tachipirina per dormire meglio.

    Alle 4:30 mi sveglio con i brividi di freddo, battevo i denti: il seno destro era un marmo, quei due punti che mi “pulsavano” la sera prima erano diventati durissimi, bollenti, non potevo sfiorare il seno per il dolore. Misuro due volte la febbre che nel giro di 15 minuti passa da 37,5 a 39,8.

    Sto male ma continuo ad attaccare la bimba, che dormiva accanto a me. Alle 7 di mattina, già sfinita, decido di chiamare la guardia medica che mi prescrive subito l’antibiotico, una compressa ogni 8 ore. Il mio compagno decide di non andare a lavoro, eravamo totalmente soli e io come provavo ad alzarmi svenivo. Lui tiene la bambina e me la porta a letto non appena inizia a mostrare segnali di fame. Tutto il giorno così. Nel frattempo faccio impacchi, massaggio, spremo, provo col metodo della bottiglia. Insomma le provo tutte.

    Ma niente, il latte dal seno destro fatica ad uscire. Diventa rosso e molto molto teso e così ho capito che avevo una mastite in corso.

    Sotto consiglio del ginecologo chiamo in ospedale (anche perché la febbre non scendeva sotto i 39,5 nonostante la tachipirina) e mi viene risposto di andare per un controllo.

    Inizia il giro di chiamate per capire a chi lasciare le bambine.

    Allatto la mia piccolina l’ultima volta alle 20 del 24 luglio, e alle 21 sono in ospedale pronta per la consulenza.

    Dopo analisi, tac, rx e visite varie mi ricoverano con quadro settico; l’infettivologo mi chiede “Vuoi ancora allattare? Perché devo decidere che antibiotici somministrarti”, di getto rispondo di no.

    Chi me lo fa fare, mi sento morire, sto così male che devo chiedere aiuto anche per girarmi nel letto.

    Iniziamo la terapia, mi portano in reparto e mi somministrano la prima dose di Dostinex, (un farmaco a base di Cabergolina, inibitore della prolattina, ndr) tanto non volevo allattare più.

    Mi fasciano il seno strettissimo.

    Dopo diverse ore mi danno la seconda dose, ne mancano due (due compresse divise a metà).

    Passano le ore, i seni mi fanno male. La febbre inizia a scendere, anche se lentamente, mentre il quadro clinico rimane sempre serio.

     

    Rinsavisco.

    O meglio inizio a recuperare un po’ di lucidità. Io non volevo smettere di allattare, non me lo sarei perdonata.

    Mi tolgo la fasciatura e chiedo di poter andare a tirare il latte.

    Nel frattempo contatto una Consulente della Leche League (Manuela❤️) e chiedo consiglio anche ad altre mamme.

    Parlo con ostetrica e ginecologa e chiedo che venga sospesa la somministrazione del Dostinex, inoltre chiedo di chiamare il CAV (Centro Anti Veleni) per capire se quegli antibiotici fossero compatibili (erano belli pesanti) - CAV che mi da l’ok. Chiedo che la bimba venga ricoverata con me per attaccarla, ma acconsentono al suo ricovero solo dopo due giorni. Nel frattempo io avevo la sveglia ogni 2 ore. Mi alzavo con le poche forze che avevo e andavo a tirare il latte. Ne usciva meno ogni volta che andavo, e questa cosa mi scoraggiava moltissimo.

    Dopo tre giorni mi portano finalmente la bambina (il 27 luglio) ma piange. Piange quando l’attacco, strilla proprio, in reparto mi dicono che ha fame e iniziano a portarmi biberon di LA. Lascio cadere gocce di LA sul seno ogni volta che si stacca urlando per farla attaccare, ma dura poco, si stacca sempre più disperata.

    Il giorno dopo cedo totalmente all’artificiale, demoralizzata, depressa, sola e scoraggiata e così smetto di stimolare il seno.

    La bimba torna a casa perché vengo spostata in un altro reparto (agli infettivi) e non aveva senso tenerla lì se nemmeno l’attaccavo.

     

    Mi sentivo una fallita. Debole e senza forze, piangevo di continuo pensando al mio allattamento tanto desiderato ridotto in fumo.

    Torno a casa il 4 agosto con una sfilza di farmaci, firmando le dimissioni volontarie (le analisi andavano finalmente migliorando).

    A casa continuo con LA (ne prendeva anche 150 ml) ma niente, non mi do pace, mi manca il contatto con la mia bambina, nonostante la mettessi in fascia tenendola sempre sul mio cuore.

    L’8 agosto non resisto più, decido di darmi uno scossone per riprendermi e inizio a riattaccare la bambina, inizialmente per coccola.

    Il 10 agosto noleggio il tiralatte in farmacia e inizio a stimolare il seno (avevo deciso di allattare solo col sinistro, il destro mi aveva lasciato un trauma).

    Dal 10 agosto, quando la bimba doveva mangiare le davo l’artificiale con il DAS, per non abituarla al biberon e per stimolare il seno. Quando finiva me lo tiravo. E via così.

    Dico al mio compagno che mi do un mese di tempo per tornare all’allattamento esclusivo.

    Dopo una settimana inizio a stimolare anche il seno destro - cercando di superare il trauma - e allo stesso tempo inizio a diminuire le dosi di LA. Attacco la bimba e nel frattempo tiro l’altro seno, così tutti i giorni, ad ogni poppata. Non volevo nemmeno uscire di casa per non saltare i miei appuntamenti col tiralatte, tanto che ci tenevo.

    Io ci metto tutta me stessa e mia figlia mi aiuta.

    Il 30 agosto, dopo poco più di un mese da quella terribile esperienza, io e la mia cucciola torniamo finalmente all’allattamento esclusivo.

    Abbiamo superato ostacoli che sembravano insormontabili con costanza, pazienza, amore e forza di volontà. Abbiamo avuto contro tutti, mi dicevano che ero una pazza a voler ancora allattare dopo quello che avevo passato.

    Ma io lo volevo con tutto il cuore.

    E ce l’ho fatta. Ce l’abbiamo fatta.

    Senza le Consulenti e le mamme che ho conosciuto non so se ce l’avrei fatta, non finirò mai di ringraziarle per la forza, la fiducia e le informazioni che mi hanno trasmesso.

    Volere è potere!

    Grazie a voi Consulenti per lo splendido lavoro che fate, siete state il nostro faro quando tutto sembrava perso.

     La Leche League Recuperare lallattamento

     

  • Tornare ad allattare

    IL BAMBINO CHE NON POPPA

    Alcuni neonati non si attaccano al seno da subito. Alcuni bambini più grandini possono aver iniziato a poppare per poi smettere. O magari altri non hanno mai iniziato. Prenderemo in considerazione le possibili cause e soluzioni per ciascuna di queste situazioni.
    Se tua figlia o tuo figlio non sono più neonati, puoi andare direttamente qui:
    Riportare al seno un bambino più grande
    Potresti trovare utili anche le nostre risorse sullo
    sciopero del poppante.


    IL NEONATO CHE NON POPPA

    Tutti i mammiferi poppano appena nati, senza bisogno di particolari istruzioni, a meno che qualcosa non interferisca. Se un neonato “non vuole” poppare, è perché “non può” poppare per qualche motivo.
    I neonati possono non essere in grado di poppare a causa di:

    • Prematurità o immaturità. I bambini e le bambine prematuri di 28 settimane possono essere in grado di poppare, ma spesso occorrono alcune settimane perché riescano ad attaccarsi al seno o a poppare in modo efficace. Tempo, pazienza, dolcezza e contatto sono i vostri alleati.
    • Farmaci somministrati durante il parto o durante gli interventi chirurgici. Alcuni medicinali impiegano giorni o settimane per essere smaltiti dal corpo di un neonato. Di nuovo tempo, pazienza, dolcezza e contatto.
    • Problemi fisici e medici. Mentre tu e gli operatori sanitari risolvete il problema, ricorda: tempo, pazienza, dolcezza e contatto.
    • Sapere troppo poco... o sapere troppo. A volte è utile fare un passo indietro e ricordare che il nostro corpo è programmato per nutrire i nostri bambini.

    Trova la Consulente de LLL più vicina a te.

    Qualunque sia la causa dei tuoi problemi, è importante:

    1. continuare a nutrire il tuo bambino o la tua bambina,
    2. sostenere e incrementare la tua produzione di latte,
    3. imparare insieme.

    Puoi fare tutte queste cose più facilmente se tieni la bambina o il bambino il più possibile insieme a te, specialmente se appoggiata/o in posizione prona (a pancia in giù) sul tuo petto, e con la vostra pelle nuda a contatto (contatto pelle-a-pelle).


    CONTINUARE A NUTRIRE IL TUO BAMBINO O LA TUA BAMBINA

    Chiedi agli operatori sanitari di mostrarti come spremere manualmente il colostro, oppure guarda il video 5B.

    Potresti scoprire che riesci a spremere la maggior parte del colostro nelle prime ore dopo il parto, quando solitamente i neonati poppano a lungo. Probabilmente troverai che il modo più efficiente ed efficace di procedere è spremere il seno con le mani direttamente su un cucchiaio (vanno bene anche i cucchiai usa e getta che vengono forniti con i pasti o che puoi trovare al bar dell’ospedale o che puoi farti portare da casa). Se hai qualcuno ad aiutarti, può inclinare il cucchiaio nella bocca di tuo figlio o lasciar scivolare le gocce sulla sua lingua, mentre prosegui la spremitura manuale su un altro cucchiaio. Puoi anche spremere direttamente dentro una siringa (che puoi acquistare in farmacia o chiedere in ospedale).

    Madri e bambini di solito cadono in un sonno tranquillo e profondo per più di un’ora dopo la prima poppata. Anche se la tua bambina o il tuo bambino non hanno poppato, continuate a coccolarvi stando in contatto pelle-a-pelle, così che ci sia facile accesso al seno.


    SOSTENERE LA TUA PRODUZIONE
    CRESCENTEDI LATTE

    Di solito i neonati vogliono poppare almeno ogni ora o due il primo giorno. Può essere quindi utile tenere a portata di mano dei cucchiai puliti e spremere il latte più o meno ogni ora, per avviare la produzione ed evitare problemi al seno.

    Nei primi giorni, la spremitura manuale di solito è molto più efficace del tiralatte. Il colostro è denso, appiccicoso, e prodotto in quantità molto piccole - spesso troppo piccole per ricoprire il fondo di un contenitore, la maggior parte semplicemente si appiccica al tiralatte. Se scegli di usarlo, raccogli dal tiralatte tutte le goccioline che puoi con un dito pulito per darle al tuo bambino.

    È importante che tu estragga dal seno più colostro e più latte rispetto a quanto ne sta mangiando ora il tuo bambino. È possibile infatti che stia mangiando un po’ meno, vista la modalità insolita di nutrirsi, e tu hai invece bisogno di far partire una produzione piena. La tua produzione di latte crescerà automaticamente durante i primi giorni, e spremiture manuali frequenti aiuteranno a farla aumentare in modo più veloce, abbondante e senza intoppi.

    Man mano che il colostro, (più denso, appiccicoso e concentrato), diventa latte, (più abbondante e liquido), tuo figlio probabilmente mangerà quantità maggiori e in maniera più distanziata. A quel punto un tiralatte elettrico di buona qualità potrebbe diventare un’opzione efficace. La maggior parte delle donne nel mondo usa solo la spremitura manuale, quindi se la preferisci, è un’ottima tecnica. Qualsiasi metodo tu usi, in questa fase può essere utile estrarre il latte almeno otto volte al giorno, o anche dieci o più, se puoi e se ce la fai. È molto più facile ridurre la produzione in seguito, che non aumentarla se all’inizio è stata stimolata troppo poco.

    Per maggiori informazioni su come estrarre il latte dopo i primi giorni, puoi leggere i nostri articoli:

    Spremitura manuale
    Usare il tiralatte

     

    IMPARARE INSIEME

    Ecco alcune cose che i bambini cercano quando vogliono poppare.

    • Si aspettano di essere totalmente sostenuti. La posizione più efficace viene indicato come "a stile libero", “pancia contro pancia”, "petto contro petto”, o “a ranocchia”. Appoggia il tuo bambino su di te in modo che il torace, i gomiti, l’ombelico e i lati interni delle ginocchia siano a contatto con il tuo corpo. 
    • Si aspettano di avere la testa più in alto rispetto al bacino. I bambini possono poppare in molte posizioni, ma, proprio come gli adulti, tendono a preferire una posizione più verticale rispetto a una totalmente orizzontale. 
    • Si aspettano di poter appoggiare i piedi. Nessuno si sente al sicuro con i piedi a penzoloni. Anche le bambine e i bambini tendono a sentirsi più stabili quando i loro piedi toccano qualcosa. Forse è per questo che la madre, quando è semisdraiata sulla schiena con il proprio figlio sul petto, tende a giocare con i suoi piedini.
    • Si aspettano di farsi strada verso la propria meta usando i sensi. I bambini si “aprono la strada con il viso”, spesso girando la testa da un lato all’altro, tastando il percorso una guancia dopo l’altra. Si fanno avanti anche con le mani, magari afferrando il capezzolo della mamma quando lo trovano, come piccoli scalatori.
    • Si aspettano di “arrivare dal basso.” I bambini possono spingersi in avanti, ma non possono fare retromarcia. Se vanno troppo in avanti, può essere utile spostarli un po’ indietro, in modo che possano spingersi di nuovo in avanti.
    • Si aspettano che anche la bocca “arrivi al seno dal basso”. I bambini tendono a inclinare la testa all’indietro in modo da poter prendere in bocca un bel boccone di seno, come se stessero dando un morso ad un panino: non solo il capezzolo, ma una buona porzione di seno contro la quale la loro lingua si appoggerà. Non sono molto interessati alla parte del seno vicino al loro naso; pertanto, “centrare il capezzolo nella bocca del bambino” per loro non ha senso.
    • Non si aspettano che gli si dica cosa fare. Troppo spesso ci facciamo prendere dalle posizioni, dalle prese, dal bloccare un braccio o una gamba, dal girare le loro labbra all’infuori, come se loro non sapessero quello che stanno facendo. Ha più senso dar loro del tempo per sistemarsi da soli.

    Il modo più facile per soddisfare le loro aspettative è appoggiarsi sulla schiena in posizione semi-reclinata, regolando la posizione del materasso nel letto dell’ospedale o riproducendo una posizione simile a casa, così che il bambino sia appoggiato a pancia in giù sul tuo petto e mantenuto su di te dalla forza di gravità. È più efficace dire parole incoraggianti che dare istruzioni, quindi puoi aiutarlo se vuoi, ma assecondandolo/a , invece di decidere tu. Una persona formata sugli aspetti tecnici dell’allattamento può darti indicazioni sul momento.

    Ecco alcune altre cose che possono aiutare:

    • Offrire il seno quando sta dormendo o ha molto sonno, per esempio durante la notte o i pisolini. I bambini e le bambine possono poppare senza aprire gli occhi e persino senza svegliarsi completamente. A volte poppano meglio quando sono nel dormiveglia rispetto a quando sono del tutto svegli.
    • Abbassare le luci e fare delle prove in un posto privo di distrazioni.
    • Offrire il seno quando è non è molto affamato/a e ancora abbastanza tranquillo/a. Se si addormenta al seno senza poppare, è comunque un modo per costruire dei bei ricordi per entrambi.
    • Abbondare con i complimenti quando fate prove di allattamento ed essere più fredda e professionale quando usi altre modalità per nutrirlo: “Questo cucchiaio/contagocce/biberon nutre il tuo pancino, ma poppare al seno nutre la tua anima”.
    • Rilassarvi insieme in diverse posizioni: entrambi sdraiati su un fianco, con il tuo capezzolo più o meno all’altezza dei suoi occhi, oppure, se hai un seno prosperoso, seduta con la bambina o il bambino in grembo; o semisdraiata sulla schiena, con i suoi piedini appoggiati sulla tua coscia, tenendola/o più in obliquo o più in verticale. Cerca posizioni che ti permettano di avere il davanti del suo corpo appoggiato a te. Oppure prova qualcosa di diverso da tutto ciò che ti è stato suggerito. Non ci sono regole.
    • Prendere in considerazione la possibilità di dormire insieme, una volta che sei a casa, entrambi a petto nudo. Molti bambini hanno iniziato a poppare di notte “per sbaglio”, quando non erano sollecitati a farlo e il seno era lì pronto. Prima di condividere il letto, assicurati di leggere il nostro articolo sul Sonno sicuro in modo da sapere come rendere il tuo letto il più sicuro possibile.
    • Offrire tanto contatto pelle-a-pelle, il più possibile. Alcuni bambini si attaccano da soli se sono sul petto della mamma mentre si rilassano facendo un bagno insieme (assicurati che ci sia qualcuno in casa ad aiutarvi).
    • Usare una fascia portabebè o un marsupio ergonomico per stare vicini tra una poppata e l’altra.
    • Mantenere piacevole questo periodo di transizione. Puoi “giocare ad allattare” piuttosto che “lavorare sull’allattamento”. Non c’è bisogno di provarci ad ogni poppata, e nemmeno ogni giorno. Tutto si aggiusterà col tempo, soprattutto se hai a disposizione una persona competente, dolce e discreta che ti aiuti con l’allattamento.
    • Sii paziente. Ama la tua bambina o il tuo bambino.

    Puoi trovare molte altre informazioni su come estrarre il latte, dare le aggiunte, i primi giorni in generale e trovare chi ti aiuti nel libro L’arte dell’allattamento materno.


    RIPORTARE AL SENO UN BAMBINO PIÙ GRANDE

    Ci sono diversi motivi per cui un bambino o una bambina più grandi possono aver smesso di poppare, o per cui non si sono mai attaccati al seno. Per fare qualche esempio: essere stati adottati, non riuscire a poppare per motivi medici quali la palatoschisi, un lungo periodo di separazione o di malattia.

    A volte una madre può essersi pentita di aver interrotto l’allattamento e decidere di rilattare. Puoi trovare informazioni su come rilattare qui.

    Se il tuo bambino o la tua bambina sono più grandi, poppavano felicemente e smettono all’improvviso, può trattarsi di uno sciopero del poppante, su cui puoi trovare informazioni alla paginasullosciopero del poppante.

    Se il tuo bambino non ha mai poppato, o non l’ha fatto per un periodo prolungato, può volerci del tempo per convincerlo a tornare al seno a prescindere che tu abbia una buona produzione di latte o meno. È estremamente improbabile che costringere a poppare funzioni; è più probabile che gli provochi stress e che possa fargli sviluppare un’avversione per l’allattamento. Man mano che il tuo bambino diventa più esperto e riesce a prendere più latte al seno, inizierà ad avere fiducia nel fatto che l’allattamento funziona e avrà più pazienza al momento dell’attacco.

    Tanto contatto pelle-a-pelle (il bambino nudo con solo il pannolino appoggiato sul tuo petto nudo) può aiutarlo a poppare meglio e persino ad aumentare di peso più velocemente. È di grande aiuto tenerlo con te il più possibile, dandogli tante occasioni per poppare: anche se all’inizio non funziona, continua a offrirgli il seno.

    Se gli permetti di addormentarsi al seno, pelle-a-pelle, puoi cogliere i suoi primissimi segnali di fame quando si risveglia. Se si muove verso il seno e si addormenta prima ancora di aver preso in bocca il capezzolo, o dopo aver ciucciato poco, puoi considerarli comunque dei primi passi positivi, e non dei fallimenti.

    Tenere i bambini in braccio è una pratica spesso efficace; una fascia o un marsupio ergonomico possono aiutare.

    “Indossare” la bambina o il bambino, tenerli in braccio, coccolarli il più possibile, portarli sul fianco mentre fai altre cose, giocare con loro e dedicare spesso loro la tua completa attenzione sono tutte strategie utili.

    Se dorme con te, avrete più occasioni di contatto pelle-a-pelle e potrà attaccarsi al seno con maggiore facilità. Qui trovi i nostri articoli sul sonno. Se non è nel tuo letto, metti il suo lettino accanto al tuo letto o nella stessa stanza, in modo da poter cogliere i suoi primi segnali di fame, allattarlo più facilmente di notte e dormire di più.

    Puoi offrirgli il seno quando non ha fame, e anche provare a dargli la maggior parte del pasto al biberon per poi allattarlo. Se è abituato al biberon e rifiuta completamente il seno, potrebbe accettare di poppare con un paracapezzolo. Alcune famiglie si sono trovate bene con un approccio che utilizza un dispositivo per l’alimentazione supplementare (DAS)

    • Solo la mamma nutre la bambina o il bambino (sia cibi complementari, sia biberon).
    • La bambina o il bambino è sempre in braccio alla mamma quando viene nutrito.
    • Non devono reggere il biberon da soli: se fossero abituati a farlo, potresti aver bisogno di cambiare gradualmente modalità. Puoi anche coprire il biberon con un calzino in modo da mascherarlo.
    • Quando il bambino accetta di essere tenuto in braccio mentre mangia, con la mamma a reggere il biberon, siete pronti a provare il dispositivo per l’alimentazione supplementare (DAS).
    • Puoi provare ad alimentarla/o inizialmente con il DAS (anche se tu hai una buona produzione) dato che potrebbe gradire il flusso più rapido a cui è abituata/o prendendo il biberon per poi arrivare ad allattare senza il DAS.
    • Anche se non riesci a fare accettare il seno senza DAS, è un modo piacevole per condividere una relazione di nutrimento al seno con tua figlia o tuo figlio.

     

    Revisioni: versione originale, gennaio 2020; versione italiana, maggio 2025.

    Articolo originale su: https://llli.org/breastfeeding-info/back-to-breast/

    Traduzione di Roberta Toppetta
    Revisione di Jessica Toscano, Elena Fumagalli, Annalisa Venturini, Carla Scarsi