Sally Kniedel, Da mamma a mamma n. 30 - © La Leche League Italia 1993, aggiornato marzo 2009
Non è necessario svezzare a un’età specifica
L’altro giorno in biblioteca, ho sentito una conversazione fra due madri di bambini piccoli. Una di loro ha chiesto all’altra, “Stai ancora allattando Ryan?” L’altra rispose, “No, il pediatra mi ha detto di svezzarlo a dodici mesi quindi l’ho fatto, anche se questo mi ha quasi spezzato il cuore”.
Mi ricordo di aver ricevuto anch’io gli stessi consigli dal pediatra quando la mia primogenita compì dodici mesi. Quando chiesi perché avrei dovuto interrompere l’allattamento, la risposta fu: “Così la bambina può imparare ad essere indipendente”. Ignorai questi consigli solo perché una mia cara amica allattava ancora con amore e tenerezza il suo bambino di due anni e mezzo senza alcun danno apparente. Tuttavia non tutte le mamme hanno un modello alternativo da seguire, quando viene loro detto che è arrivato il momento per lo svezzamento. Mi rattrista vedere tante mamme rinunciare all’allattamento a causa di consigli che sono stati dati loro in modo arbitrario, prima che madre e bambino fossero pronti allo svezzamento.
Perché tanti medici consigliano lo svezzamento a un anno? Una signora ha scritto alla rubrica “Il medico risponde” di una rivista, chiedendo: “Quando dovrei svezzare il mio bambino?” La risposta del pediatra rifletteva un’idea molto diffusa: “Lo svezzi a un anno poiché a tale età potrà prendere il latte vaccino”. Però i bambini si attaccano al seno anche per motivi diversi dalla semplice nutrizione, e le madri non allattano solo per dovere, ma anche perché ne ricavano una profonda soddisfazione.
Per molte madri, la domanda non è: “Per quanto tempo devo allattare, per la salute del mio bambino?” ma, piuttosto, “Esiste un limite massimo di età oltre il quale l’allattamento può provocare danni al bambino?” Se non c’è un limite d’età, perché allora non si può lasciare alla madre e al bambino questa decisione? Esistono studi che comprovino la necessità dello svezzamento a un anno?
I benefìci dell’allattamento si estendono oltre l’anno
Le ricerche dimostrano che i bambini possono trarre benefici dall’allattamento materno oltre il primo anno di vita. Uno dei benefici è il nutrimento. Le ricerche hanno dimostrato che il latte del secondo anno è molto simile al latte del primo anno dal punto di vista nutrizionale (nota 1), ed anzi è più nutriente(2). Anche dopo due anni, o più, esso continua a essere una valida fonte di proteine, grassi, calcio e vitamine(3). Sembra che la sua speciale composizione favorisca uno sviluppo fisiologico del metabolismo e prevenga malattie metaboliche come obesità e diabete, in misura maggiore quanto più il bambino è allattato(4,5,6,7,8), proteggendo anche dalle malattie cardiovascolari(4,9).
Un secondo beneficio è l’immunità verso le malattie. È stato dimostrato che la concentrazione delle sostanze immunitarie contenute nel latte materno aumenta man mano che il bambino cresce e poppa meno, e quindi anche i bambini più grandi continuano a beneficiare di tanti fattori immunitari(10,11,12,13). Uno studio dal Bangladesh fornisce una drammatica dimostrazione dell’effetto che la privazione di queste immunità può avere. In questo ambiente povero, si è visto che lo svezzamento dei bambini fra i diciotto e i trentasei mesi di vita raddoppia il rischio di morte(14). Naturalmente nei paesi sviluppati lo svezzamento non è una questione di vita o di morte; l’allattamento protratto può però significare meno visite mediche.
Un terzo vantaggio dal punto di vista della salute fisica è quello di evitare l’insorgere di allergie. È ampiamente documentato che ci sono meno probabilità di reazioni allergiche introducendo il più tardi possibile il latte vaccino e altri comuni alimenti allergenici nella dieta del bambino(15,16,17).
Considerazioni psicologiche
Ogni madre che ha allattato un bambino oltre i dodici mesi di vita conosce la tenerezza e l’intimità generati dall’allattamento di un piccolo essere, grande a sufficienza per parlarne. Non abbiamo bisogno di leggere su riviste mediche che l’allattamento materno continuato dà soddisfazione sia alla madre che al bambino. Ma è mai stato pubblicato qualche documento riguardo a questi benefici?
Un articolo scritto dalla psichiatra L.R. Waletzky(18) consiglia lo svezzamento naturale. L'autrice considera traumatico per il bambino lo svezzamento forzato e dice che la maggior parte dei consigli che riguardano lo svezzamento dati dai pediatri “si basa su considerazioni e pregiudizi personali e non su evidenze cliniche”. Aggiunge: “Togliere a un bambino in modo brusco e prematuro l’esperienza emotiva più soddisfacente che egli abbia mai conosciuto potrebbe (...) portare a una significativa e immediata angoscia che si può protrarre nel tempo (...). Un simile approccio considera l’allattamento solo come “fonte di latte” e non riesce a concepire il suo significato come mezzo di conforto, piacere e comunicazione per la madre e per il bambino”.
Le madri che allattano al seno vedono i loro bambini in una luce più positiva
È scarsa la documentazione sulle ricerche riguardo agli aspetti psicologici dell’allattamento materno. Uno studio, che si occupa specificamente di bambini allattati per più di un anno, mostra un legame significativo fra la durata dell’allattamento e l’inserimento sociale dei bambini fra i sei e gli otto anni. Questa ricerca si è basata su valutazioni fatte dalle madri di questi bambini e dai loro insegnanti(19). Nelle parole dei ricercatori: “Ci sono tendenze statisticamente significative che dimostrano che i disturbi del comportamento diminuiscono con l’aumento della durata dell’allattamento materno”. Gli autori sono stati cauti nell’interpretare questi risultati, dicendo che non hanno verificato scientificamente le differenze d’interazione madre-bambino nell’allattamento materno e in quello artificiale (ciò potrebbe chiarire le differenze osservate nell’inserimento sociale dei bambini più grandi). Ma non ha molta importanza se il miglior inserimento di un bambino è dovuto all’allattamento in sé, o ai comportamenti materni che sono tipici di donne aperte all’idea di allattare i loro bambini per un anno o più. Quello che conta è il risultato; più i bambini sono stati allattati, migliore è stato il loro inserimento sociale. La relazione tra durata dell’allattamento materno e adattamento sociale è stata più forte e coerente quando il comportamento dei bambini è stato valutato dalle madri piuttosto che dagli insegnanti (sebbene per entrambe l’associazione di questi due fattori sia stata significativa), il che suggerisce che le madri che allattano per periodi più lunghi sono portate a vedere i loro bambini in una luce più positiva rispetto alle madri che non lo fanno.
Penso che molte di noi sarebbero d’accordo nell’affermare che l’allattamento ci aiuta a rapportarci nei confronti dei nostri figli in una maniera più positiva. Ci aiuta a sentirci più vicine e affettuose, il che è particolarmente utile per superare le pretese irrazionali e le crisi emotive dei bambini fra gli uno e i tre anni. Anche quando mi sento molto tesa, quando mi siedo per allattare il mio bambino più piccolo succede che alla fine della poppata quasi sempre ci alziamo tutti e due rilassati e allegri.
Gli atteggiamenti culturali influiscono anche sui medici
Quando i medici danno consigli sullo svezzamento, si basano sui risultati della ricerca medica? A quanto pare no, poiché non c’è nessuna indicazione che attesti che l’allattamento materno oltre il primo anno di vita abbia qualche effetto negativo; d’altra parte ci sono ampie prove dei suoi effetti benefici. Allora, su che cosa si basa il consiglio spesso sentito, “Svezzate il bambino a un anno”?
Probabilmente, tanti fattori vi concorrono; uno di questi può essere rappresentato semplicemente dalle aspettative culturali o, come dice la Waletzky, “...dal pregiudizio personale”. Come tutti, anche i medici sono influenzati dalle tendenze culturali. E la tendenza dei genitori nell’allevamento dei figli al giorno d’oggi è quella di avere aspettative di sviluppo precoce e indipendenza anticipata. L’enfasi per lo svezzamento anticipato va di pari passo con la tendenza generale a incoraggiare l’indipendenza precoce. Ironicamente, secondo la Waletzky e molti altri, un precoce svezzamento forzato può ostacolare proprio lo sviluppo emotivo del bambino, e aumentarne la dipendenza.
Un altro fattore che influisce sugli atteggiamenti assunti verso lo svezzamento può essere la vita frenetica della nostra società. Allattare senza restrizioni non sembra compatibile con lo stile di vita moderno. Molti articoli sullo svezzamento esprimono implicitamente l’idea che le madri vogliano smettere di allattare appena le capacità digestive dei loro figli lo rendano possibile.
Può anche essere che i medici, come tutti, siano influenzati da pregiudizi culturali che considerano il seno come un richiamo sessuale. Un bambino abbastanza grande per parlare può essere considerato troppo grande per trovare conforto fisico al seno della mamma.
Il nocciolo della questione può essere semplicemente spiegato dal fatto che nella nostra cultura non è comune allattare per più di un anno, quindi la maggior parte delle persone suppone che la madre di un bambino che abbia compiuto l’anno desideri svezzarlo.
Concetti erronei
Alcuni medici possono essere del parere che l’allattamento al seno possa interferire con il desiderio di un bambino di mangiare altri cibi. Eppure non c’è niente che dimostri che i bambini che ancora poppano tendano maggiormente a rifiutare cibi in aggiunta al latte materno, rispetto ai bambini già svezzati. Infatti, nei paesi del terzo mondo, dove l’appetito di un bambino malnutrito fra l’anno e i tre anni può essere d’importanza critica, la maggior parte dei ricercatori consiglia di proseguire con l’allattamento materno anche nel caso di bambini gravemente malnutriti(14,20,21,22), suggerendo di aiutare il bambino malnutrito non con lo svezzamento, ma arricchendo la dieta della madre, per migliorare la qualità nutritiva del suo latte(23,3), e offrendo al bambino cibi più variati e gustosi per migliorare il suo appetito(20,24,25).
Come parlare al medico
Molti medici pensano che le madri considerino l’allattamento al seno un fastidio invece che un piacere, perciò è molto importante dire al medico che si desidera continuare ad allattare. Se la madre non esprime chiaramente un’opinione diversa, il medico potrebbe pensare che le uniche cose che lei tiene in considerazione siano la nutrizione del bambino e la propria comodità.
Esprimere il proprio punto di vista con sicurezza è probabilmente il modo migliore per influenzare positivamente le idee del medico. Per esempio, si potrebbe dire “Emma e io stiamo veramente godendo il nostro rapporto di allattamento. Sembra che le faccia bene; è una bambina felice e cresce così bene”. Paragoniamo questo con un approccio meno sicuro: “Non sono sicura se sia giunto il momento per svezzare Emma. L’allattamento al seno non sembra che le faccia male, veramente. Pensa che possa continuare?”. Quale dei due modi solleciterà più probabilmente una risposta positiva sul proseguire l’allattamento?
Non tutti i medici consigliano lo svezzamento a un anno; ma quelli che lo fanno potrebbero imparare dalle madri che comunicano il loro entusiasmo per lo svezzamento naturale. All’ambulatorio pediatrico molte di noi rimangono zitte sulla questione dell’allattamento, per evitare consigli non desiderati; ma se fossimo più loquaci nell’affermare il piacere di allattare un bambino che ha superato l’anno, forse potremmo cambiare alcuni atteggiamenti altrui. Ci vogliono convinzione e sicurezza; per quanto mi riguarda, sapere che le ricerche svolte sull’argomento sostengono lo svezzamento naturale mi ha rassicurato ulteriormente sulla sua validità, sia dal punto di vista medico che emotivo.
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