Vorrei esprimere la mia riconoscenza a La Leche League per avermi sostenuto nel corso di questi due anni di vita delle mie bimbe e sono felice di far conoscere la mia esperienza di mamma di due gemelline nate alla 33ª settimana di gestazione.

Tutto cominciò al controllo di gravidanza del quinto mese quando i medici si accorsero che aspettavo due gemelli, con grande sorpresa di tutti. Questo perché alla scadenza della prima ecografia il posto non c'era e mi avevano messa in lista per la prossima che scadeva al quinto mese di gravidanza. Chiesi consiglio anche alla mia ginecologa che mi disse di star tranquilla e di aspettare. Così arrivò il fatidico giorno e ricevo la conferma di come mai sentissi ruzzolare in continuazione il bambino sia di giorno che di notte (per forza, quando uno dormiva l'altro era sveglio).

Ritorno a casa e nonostante le loro raccomandazioni sento che ormai non sarebbe trascorso molto tempo dal parto perché il mio fisico era molto affaticato. Alla 33ª settimana vado in ambulatorio per il controllo mensile e mi trovano dilatata di un centimetro e mezzo, mi spediscono su in reparto e controllano costantemente le contrazioni. Mi mettono la flebo per ritardare il parto e così facendo sperano di tenermi lì per almeno una settimana o meglio ancora 15 giorni. Al terzo giorno di ricovero, quasi in combinazione con la luna nuova, a mezzanotte, mi sveglio di soprassalto e mi accorgo di aver perso le acque e mi preparo al momento del travaglio.

Mi tengono sdraiata per tutto il tempo e mi fanno un'ecografia per valutare il peso delle bimbe: sui due kg, dicono, però è meglio trasferire la mamma subito all'Ospedale Civile di Brescia per non doverli separare dopo la nascita. Mi caricano sull'ambulanza e partiamo da questo ospedale di provincia diretti al centro di patologia neonatale del Civile di Brescia in modo da poter ricoverare subito le piccole appena nate. Come siamo arrivati le sale parto erano stracolme, ma per fortuna il mio ospedale aveva contattato il Civile per un caso un po' urgente e così poco dopo ho partorito. Un parto naturale velocissimo perché essendo state tutte e due in un solo sacco sono nate con soli due minuti di distanza.

La seconda bimba purtroppo ha bevuto un po' di liquido amniotico e mio marito, che era vicino a me, mi disse che era per quello che non l'avevo sentita piangere. Le portano via subito senza neanche avermele fatte vedere. Dopo avermi medicato mi trasportano in osservazione per due ore in una stanza adiacente alla sala parto insieme a tutte le mamme che poco prima avevano partorito. Sentivo le mamme che parlavano tra di loro dell'aspetto dei loro bimbi ed io con le lacrime agli occhi temevo che le mie piccole non ce l'avrebbero fatta. La bilancia segnava 1.500 kg per Giulia, la prima, e 1.750 per Enrica, la seconda.

Trascorso un po' di tempo che sembrava interminabile, ci spostano in reparto che al momento era stracolmo, quindi ci si doveva accontentare del corridoio. Mi sentivo così sola, i parenti non potevano entrare perché non era orario di visita ed io che facendomi forza pregavo perché tutto andasse bene. Finalmente arrivano i parenti, e mia madre mi disse di non preoccuparmi, ché aveva già contattato telefonicamente la signora Georgie per chiederle alcuni consigli, dato che si conoscevano perché si erano viste con me agli incontri. Mia mamma è sempre stata convinta più di me delle idee e dei metodi de La Leche League, forse perché purtroppo lei da piccola non è stata allattata e a sua volta non ha potuto allattare perché ha ricevuto indicazioni sbagliate.
Era al primo figlio, aveva latte da vendere e continuavano a negarle il bambino o perché dormiva, o perché non era ora del pasto, tanto da dover mandare via il latte in seguito ad una forte mastite. Per cui, reduce da questa brutta esperienza, mi spronava a fidarmi de La Leche League che al momento risultava la via più giusta da seguire. Ritornando al colloquio che aveva avuto mia madre con Georgie, ella le raccomandò di incoraggiarmi a stimolare subito il seno con il tiralatte elettrico che mi forniva l'ospedale e di mantenere l'impegno ogni tre ore nel corso della giornata, e se possibile di farmi svegliare almeno una volta di notte. Venne anche in ospedale a trovarmi e mi portò alcuni opuscoli che mi risultarono molto utili.

Ogni volta che toglievo il latte assaporavo il momento in cui avrei preso in braccio le mie piccole per coccolarle e allattarle tutte le volte che lo chiedevano, anche se dentro di me sapevo che avrei dovuto pazientare ancora molto. Sapevo che ormai il mio latte era l'unica cosa buona che avrei potuto offrire loro, perciò portavo il biberon ogni volta al lattario dell'ospedale per la surgelazione, fiera dei miei progressi. Quando ero triste perché per poter vedere le bimbe da vicino bisognava rispettare certi orari, andavo nella stanza dove era il tiralatte (che ormai sapevo sterilizzare da sola) per scaricare un po' la tensione nervosa. Mi ricordo come fosse oggi, mio marito venne da me a dirmi che le bimbe avevano cominciato piano piano a mangiare e che stavano già aumentando di peso.

Una volta tornati a casa noleggiai un tiralatte elettrico portatile, che portavo con me in ogni mio spostamento essendo vincolata ogni tre ore dalla spremitura del latte. Cercavo anche di farmi dare il cambio per portare il latte alle bimbe in modo da poter riposare a sufficienza. Tutta la mia famiglia ribaltò le proprie abitudini, mia mamma cercò di impostarmi una alimentazione sana a base di frutta e verdura fresche in quantità, mi preparò tisane al finocchio per il giorno e camomilla da bere durante la notte, andammo a rispolverare la centrifuga per preparare succhi di frutta e di carota, minestre ricche di legumi e cereali, pochissimi dolci e fritti, niente caffè.

Non voglio dire che sia stato solo merito di questo, ma il mio latte ha raggiunto come apice la quantità di 1,500 litri quando le bimbe erano ancora in ospedale ed io lo misuravo tramite il biberon. Cercavo di tenermi in contatto periodicamente con le consulenti de La Leche League che mi incitavano a continuare dimostrandomi tutta la loro disponibilità ed il loro affetto.

Dopo 15 giorni ricevo una telefonata dall'Ospedale Civile che mi avvisa che avrebbero spostato le bimbe in un ospedale attrezzato per i prematuri, che stavano bene e che avevano solo da raggiungere il peso minimo consentito per poter andare a casa. La struttura di questo genere più vicina era Manerbio, ovvero ancora più lontano del Civile di Brescia, quindi mi rassegnai alla cosa e chiesi aiuto per portare comunque il latte anche in caso di nebbia o di neve. Ovviamente non mi sentii di viaggiare tutti i giorni, e nel giorno che volevo riposare mi venivano riportate tutte le impressioni, i commenti ed i progressi delle bimbe fino a quel momento.

Abbiamo trovato nel reparto pediatria dell'ospedale di Manerbio molta cordialità e disponibilità assoluta sugli orari e sui pasti delle bimbe (che già li mangiavano a richiesta). Mi viene da ridere quando ripenso a mio marito che dirigeva tutti gli arrivi e le partenze dei contenitori di latte e mi registrava gli orologi con la suoneria specialmente di notte per paura che mi addormentassi allo scadere delle fatidiche tre ore. Sono trascorsi così in totale da quando erano nate 40 giorni e sapevamo che oramai era questione di ore per tornare a casa visto che gli ultimi giorni le avevano messe nei lettini per permetterci di cambiarle ed attaccarle al seno.

Erano comunque ancora deboli, anche se ai nostri occhi erano cresciute, perché quando provavo ad attaccarle si addormentavano dopo aver brontolato per lo sforzo. Andammo a prenderle il giorno della dimissione che stavano dormendo ma poco dopo, mentre viaggiavamo, ci hanno fatto capire di aver fame e, sapendo che la strada era ancora lunga, mi sono seduta sul sedile posteriore e le ho allattate per tutto il viaggio.

E così ho eliminato da quel momento qualsiasi timore e le lasciavo libere di succhiare quando volevano senza imposizioni di orario. Davo loro il latte ogni giorno come fosse una medicina perché le facesse diventare grandi e forti come gli altri bambini. Siamo entrate in simbiosi, e formavamo con il papà una squadra perfetta ed affiatata fino a quando è arrivato il momento dello scatto di crescita, ed io avevo paura di non avere più latte a sufficienza. Mi sono attaccata al telefono a tempestare di telefonate le Consulenti che mi dicevano di non preoccuparmi, che è un passaggio obbligato e che il latte avrebbe ripreso il suo ritmo a seconda della richiesta nel giro di due o tre giorni.

Ho trascorso a letto la maggioranza del mio tempo, collaudando tutte le posizioni più comode per me e per le bimbe in modo da poter riposare anche durante le poppate. Ho praticato quasi sempre la posizione del giocatore di rugby, in modo da stimolare contemporaneamente i due seni aiutandomi all'inizio con i cuscini mentre invece, dopo, col passare del tempo, le bimbe collaboravano riprendendosi il seno e ultimamente, ormai cresciute, mi facevano sedere sul divano e loro in piedi succhiavano contemporaneamente mentre io guardavo la TV o conversavo con la mia famiglia.

Le bimbe sono cresciute molto bene, nonostante il dover convivere con i numerosi risvegli notturni e con il loro temperamento un po' nevrotico come reazione al brusco impatto con la vita che avevano vissuto. Quasi tralasciavo un'altra parte importante, il fatto che avevano riconosciuto loro l'anemia fisiologica dovuta alla prematurità e che secondo i medici doveva essere tenuta costantemente sotto controllo con analisi del sangue, e oltre all'integratore di ferro bisognava svezzarle al più presto con carni rosse ad alto nutrimento. Io e la mia famiglia abbiamo ritenuto giusto, nonostante le pressioni dell'ospedale, iniziare lo svezzamento all'8° mese di vita delle bimbe senza nessun rimpianto; sebbene ai controlli ci guardassero come fossimo stati degli incoscienti. La prova dell'ottima salute delle bimbe sia che fino a svezzamento inoltrato non avevamo mai visto il loro pediatra, perché non era mai stato contattato per alcuna malattia. Fino a quel momento non avevano assaggiato nessun latte oltre al mio, poi siamo partiti con il latte di mandorle, in seguito preparavo una pappa di cereali che mia mamma comprava in chicchi, tostava, macinava a mano e faceva cuocere in brodo vegetale seguendo il metodo dello svezzamento naturale. Poi sono arrivati i dentini e così via abbiamo inserito molto lentamente tutti gli altri alimenti e l'unica cosa che proprio non gradivano era la frutta, che invece adesso mangiano molto volentieri. Quello che ci tormentava più di tutto erano quei controlli in ospedale per il prelievo del sangue, gli esami delle urine e il controllo del peso.

Accadde in seguito che era in corso una brutta influenza e purtroppo le bimbe si ammalarono; dopo essere state dal pediatra, tornammo a casa con le borse piene di medicine e con un biglietto ben in vista con gli orari di somministrazione per una e per l'altra. Ancora debilitate da questa influenza curata con il cosiddetto "rimedio da cavallo" manifestarono sintomi di un'altra influenza, poi di un'altra ancora, tanto che le bimbe non mangiavano più e l'unica cosa che le salvava dalla disidratazione era il mio latte che ho sempre offerto a richiesta.

In seguito hanno avuto, come conseguenza all'intossicazione di tutti questi farmaci, una dissenteria acuta accompagnata da vomito, e ogni scarica gli scottava il sederino come fosse una bruciatura. Ho contattato, tramite una mia conoscente, una dottoressa omeopata qui in zona, che è corsa subito a visitarle quando ha capito la situazione. Quando le ha viste mi ha confessato di essersi spaventata, e mi ha incoraggiato a proseguire con l'allattamento a richiesta fino a quando le cure da lei prescritte non avessero cominciato a fare effetto, e poi anche a cura ultimata per mantenere una buona idratazione dell'organismo.

Adesso hanno superato i due anni (esattamente 28 mesi) ed abbiamo adottato l'omeopatia come medicina per tutta la famiglia. Mangiano in maniera molto varia, non ho faticato ad inserire cibi nuovi, non hanno mai avuto il succhiotto e nemmeno il biberon (hanno sempre bevuto dal bicchierino), perciò non ho dovuto faticare nemmeno a toglierli. Vogliono già mangiare a tavola con noi senza bavaglino e senza seggiolone e cominciano ad avere autonomia con il vasino.

Succhiavano dal seno fino a ieri ma per motivi di salute ho voluto provare a staccarle piano piano senza che loro se ne accorgessero, poi ho lasciato l'ultima poppata del sonnellino del pomeriggio che alla fine ho tolto offrendo loro tante coccole in cambio. Così con mia grande sorpresa hanno accettato di buon grado la cosa, forse perché anche per loro era giunto il momento di staccarsi naturalmente. È stato bellissimo, un'esperienza che ci ha ripagato di tutti i sacrifici fatti giorno per giorno.

Anche mio marito ha vissuto molto profondamente questa esperienza che stento ancora a credere che sia finita, mi sembra ieri che offrivo il seno e loro ora dimostrano interesse per altre cose. Come si dice: "è il miracolo della vita che si rinnova"; resteranno nei nostri cuori le esperienze che abbiamo condiviso insieme sapendo di essere entrati a far parte della grande famiglia de La Leche League, che non finirò mai di ringraziare. Oltre ai consigli inerenti l'allattamento mi ha dato alcune indicazioni anche per il lettone di famiglia in cui tuttora dormiamo e per tante altre cose. Ringrazio in modo particolare Anna Zini che è diventata un po' come la nostra amica del cuore insieme a Georgie, un forte abbraccio a tutte da…

Aurora Fausti Pollonini, Brescia