Di Alice Farrow, ex-Consulente LLL Italia
 
Il termine labio/palatoschisi comprende schisi diverse per tipologia ed entità. La pre­sentazione della schisi, cioè se sia lieve o estesa, la sua posizione, se vi siano correlate altre sindromi o malformazioni (non prese in esame in questo articolo), influirà in modo specifico sull’allattamento.

Il presente arti­colo tratterà le difficoltà di questo allattamento dal punto di vista tecnico e pratico. Per quanto riguarda il sostegno si veda l'articolo pubblicato nella sezione per genitori Allattamento e labio/palatoschisi. Quali sono le difficoltà? (Parte prima – Il sostegno).

La sfida principale che una schisi pone all’allattamento deriva dal fatto che il bambino potrebbe avere difficoltà a creare il vuoto ne­cessario per poppare con efficacia. In alcuni casi, la schisi sarà sufficientemente piccola perché il bambino possa poppare dal seno e prendere autonomamente il proprio fabbiso­gno di latte, in altri casi la schisi sarà troppo ampia affinché il bambino possa poppare con efficacia.

Una volta riparato il palato, il bambino sarà tecnicamente in grado di poppare dal seno, ma non è detto che l’allattamento parta, o riparta, senza difficoltà. Dipenderà dal tempismo dell’intervento e della volontà del bambino di reimparare a poppare, nonché dal sostegno che riceverà la mamma.

I vari tipi di schisi

Labioschisi

Nella labioschisi il labbro può essere fes­surato in parte o completamente; l’interessamento può essere monolaterale o bilaterale, e può riguardare talvolta anche il naso1.

Un grande numero di mamme racconta di avere allattato esclusivamente il proprio bambino, affetto da questo tipo di schisi, an­che in casi di malformazioni molto estese. Questo sembra indicare che l’allattamento possa svolgersi senza grosse difficoltà nei casi di labioschisi mono o bilaterale, anche quando è coinvolta la gengiva (alveolo).

In questi casi il bambino spesso poppa meglio con la schisi appoggiata contro il seno perché il tessuto del seno riesce a “riempire” la schisi, permettendo al bambino di formare il vuoto all’interno della bocca. Un seno ab­bondante e morbido potrebbe essere un vantaggio. Altre mamme raccontano di aver tenuto chiusa la schisi con le dita durante la poppata.

Se è pur vero che queste mamme hanno buone probabilità di riuscire ad allattare in maniera esclusiva, non bisogna minimiz­zare l’importanza del sostegno perché loro riescano ad allattare con serenità. La mamma si troverà probabilmente ad affrontare co­munque poppate lunghe, e questi bambini sembrano soffrire di coliche (come anche i bambini con altri tipi di schisi - forse perché ingurgitano più aria attraverso la schisi) e ri­gurgiti frequenti, con maggiore probabilità dei bambini senza schisi orali. In più, il bambino dovrà affrontare uno o più interventi chirurgici che influiranno in qualche modo sul suo allattamento.

Anche in queste situazioni relativamente semplici ci vorranno qualche accorgimento e molte informazioni per evitare gli ingorghi e per mantenere una produzione abbondante di latte, visto che è comunque possibile una mi­nor efficienza nel drenare il seno.

Palatoschisi

La palatoschisi può essere associata alla labioschisi, ma può anche presentarsi come una malformazione unica. Quando interessa labbro, gengiva, palato duro e palato molle viene definita “completa”, ma può interessare anche solo il palato molle (posteriore), o il palato osseo (anteriore). All’apertura più o meno completa della mucosa e dell’osso cor­risponde sempre una mancata unione dei muscoli del palato, che non possono quindi funzionare adeguatamente. Esiste una forma particolare di palatoschisi, la palatoschisi sottomucosa, in cui il palato sembra chiuso, ma i muscoli sono separati2.

La labiopalatoschisi completa e la palato­schisi (sia che riguardi il palato duro sia molle) sembrerebbe precludere la possibilità di cre­are nella bocca il vuoto necessario per una poppata efficiente. Il libro "Allattamento al Seno: il libro delle risposte", a proposito del bambino affetto da palatoschisi – inclusi quelli affetti da labiopalatoschisi completa – dice che “L’allattamento esclusivo è un obiettivo sfuggente per tutti i neonati con palatoschisi, tranne pochi (Miller, 1998) e in quei casi ci sono voluti diversi mesi prima che il bambino potesse essere allattato in modo esclusivo”3.

Molte mamme raccontano che questi bambini, anche quando non sono in grado di nutrirsi direttamente al seno, sono in grado di poppare e questo comporta diversi benefici (discussi in un articolo di LAM n 87), tra i quali l’abituare il bambino alla suzione al seno in preparazione all’allattamento dopo l’intervento di riparazione della schisi.

Schisi del palato molle

Questo è un tipo di schisi spesso difficile da individuare4. A volte viene diagnosticata solo qualche giorno dopo la nascita, a seguito degli accertamenti fatti per indagare una cre­scita lenta. Questo tipo di schisi può essere evidenziata (oltre che con esame tattile e vi­sivo) con l’ausilio di una luce diretta nella na­rice del bambino: una eventuale schisi lascia passare direttamente la luce nel cavo orale5.

Alcuni esperti2,6 ritengono che questo tipo di schisi precluda la riuscita di un allatta­mento esclusivo, ma alcune mamme di bambini affetti da una schisi del palato molle sono riuscite ad allattare in modo esclusivo o con una parziale integra­zione dopo le poppate7.

Una mamma italiana alla cui bambina era stata diagnosticata una schisi del palato molle alcuni giorni dopo la nascita ha allattato esclusivamente sua figlia per tre mesi. Que­sta mamma ha smesso di allattare dopo aver ricevuto la notizia dolorosa di un’ulteriore malformazione ai reni della figlia: questo ha influito molto pesantemente sulla sua serenità psicologica ed emotiva. La mamma non sa­peva di essere riuscita a fare una cosa ecce­zionale con il suo allattamento e racconta che probabilmente non sarebbe riuscita ad allat­tare se avesse saputo che non era conside­rato possibile. Aveva frequentato un ottimo corso pre-parto all’ospedale di Savona e aveva ricevuto molto incoraggiamento e so­stegno da parte delle ostetriche presenti in ospedale nei giorni successivi al parto.

Nel caso in cui il bambino riesca a poppare dal seno, la mamma può, con un sostegno competente, massimizzare l’apporto di latte che il bambino prende. Interventi considerati utili sono quelli che migliorano il riflesso di emissione (impacchi caldi e massaggi) e quelli che aiutano il trasferimento di latte al bambino, come, per esempio, poppate fre­quenti alternando i seni più volte, la compres­sione del seno e la spremitura del seno a fine poppata allo scopo di migliorare il drenaggio del seno e quindi la produzione di latte8,2,9.

Bisogna avere presente che molti bam­bini possono aver bisogno di un’aggiunta o di un’alimentazione tramite biberon o altro si­stema e conseguentemente è necessario monitorare l’andamento dell’allattamento per identificare in tempo queste situazioni.

Nel caso siano necessarie integrazioni in aggiunta al latte preso direttamente dal seno, si può proporre l’utilizzo di un sistema sup­plementare di alimentazione (DAS o Lact-Aid) o il dare un’aggiunta di latte materno spre­muto tramite biberon alla fine della poppata.

Anche in questo caso ci vorrà attenzione per evitare ingorghi, per mantenere una pro­duzione abbondante di latte e per aiutare il bambino a mantenere la presa durante la poppata.

Labiopalatoschisi completa o schisi del palato duro

La mia esperienza personale di assi­stenza a mamme che hanno tentato di allat­tare il proprio bambino direttamente al seno, concorda con quanto riportato in letteratura2,6, e cioè che nei casi di schisi del palato duro il bambino probabilmente potrà poppare al seno ma senza un’efficacia sufficiente a ga­rantirgli l’apporto di latte necessario. In que­sto caso, il bambino deve essere alimentato in modo alternativo per i primi mesi, ma col tempo potrebbe sviluppare la capacità di prendere una parte del suo nutrimento in modo autonomo dal seno.

I bambini affetti da labiopalatoschisi hanno, a volte, un modo caratteristico di ciuc­ciare al biberon, quasi masticandolo: ho osservato mia figlia (affetta da labiopalatoschisi monolaterale) poppare al seno allo stesso modo, come se “mungesse” il latte. Lei, cre­scendo, è diventata sempre più abile a pop­pare e all’età di quattro mesi ho potuto smet­tere di utilizzare il biberon di notte perché riu­sciva a saziarsi a sufficienza con la sola pop­pata al seno.

I bambini hanno spesso la tendenza a te­nere la lingua nella schisi e questo può ren­dere difficile l’attacco al seno10. Si possono praticare esercizi sulla lingua per incorag­giare il bambino ad abbassarla prima di por­tarlo al seno11. Anche l’auto-attacco descritto come baby-led latching da Catherine Wa­tson-Genna10 o "Biological Nurturing" da Su­zanne Colson12, potrebbe essere utile, in quanto aiuta il bambino ad organizzare il mo­vimento della lingua10.

In un recente studio13 Pathumwiwatana ha riportato l’esperienza di alcune donne che sono riuscite, opportunamente istruite, ad al­lattare in modo esclusivo diret­tamente al seno dei bambini affetti da labio­palatoschisi completa. La tecnica insegnata alle mamme durante questo studio consiste nell’otturare la schisi con il tessuto del seno, aumentando la pressione negativa intraorale e impedendo la fuoriuscita del latte dal naso. Le madri spre­mevano poi manualmente il latte mentre il bambino poppava dallo stesso seno in modo da massimizzare il trasferi­mento di latte.

Questo studio propone una nuova e inte­ressante prospettiva della gestione dell’allattamento del bambino affetto da labio­palatoschisi.

Gli ausili

La mamma del bambino affetto da la­bio/palatoschisi potrebbe non avere bisogno di nessun ausilio durante l’allattamento. In ogni caso, conoscere i dispositivi che si pos­sono utilizzare nell’affrontare problemi speci­fici l’aiuterà qualora dovesse incontrare delle difficoltà (come per esempio un ingorgo, un improvviso rifiuto del seno, eccetera).

Gli ausili che possono essere utili per l’alimentazione e l’allattamento del bambino affetto da labiopalatoschisi riguardano l’estrazione del latte materno e la sommini­strazione del latte (tiralatte, siringa, cucchiaio, contagocce, bicchierino, il poppatoio, DAS o Lact-Aid), possono essere dispositivi per aiutare il bambino stare al seno (DAS o Lact-Aid, paracapezzoli in silicone) o ausili di uso medico come il sondino naso-gastrico e la placca palatina.

Il tiralatte

Tirarsi il latte richiede un notevole impe­gno di tempo. A differenza della mamma che tira il proprio latte per un bambino che è rico­verato in terapia intensiva, la mamma di un bambino affetto da labiopalatoschisi avrà il bambino con sé, da accudire, da tenere al seno, e biberon con i quali dare il latte tirato.

Non è facile per una mamma trovare il tempo per tirare il latte, accudire il bambino e soddisfare i propri bisogni e quelli degli altri membri della famiglia (specie quando ci sono altri figli), soprattutto se ci sono difficoltà ag­giuntive come appunto una malformazione, con tutte le visite, i controlli e gli impegni che comporta. Le mamme che ricorrono ad un’aggiunta di formula, dunque, sono fre­quenti.

La mamma avrà bisogno di trovare modi per tirare il latte in modo efficace per rispar­miare tempo (per esempio usando un reggi­seno o una fascia che regge le coppe del ti­ralatte, liberandole le mani per altre attività) e delle tecniche per massimizzare la quantità di latte estratto2,14,15,16.

Le mamme spesso accusano difficoltà nell’avviare e mantenere una produzione adeguata di latte. Si è visto che per stabilire una buona produzione di latte è vitale tirare il latte nei primi giorni con frequenza, drenando bene il seno17,18, e che la spremitura manuale o una combinazione di spremitura manuale e meccanica sono i metodi più efficaci per l’avvio e la manutenzione della produzione di latte19,20,21.

La Dott.ssa Morton ha prodotto il video ‘Maximising milk production22, (che si può ve­dere in parte sul sito dello Stanford University), che mostra in dettaglio alcune tecniche per massimizzare la produzione del latte usando una combinazione di tiralatte e spremitura manuale (hands-on pumping).

Se c’è un calo improvviso della quantità di latte estratta, la mamma dovrebbe control­lare attentamente il buon funzionamento del tiralatte. A volte si lacera la membrana che separa il contenitore di raccolta oppure le membrane o le guarnizioni del compressore e così diminuisce sensibilmente la forza di aspi­razione. Di solito queste parti di ricambio sono già in dotazione oppure si possono ac­quistare. Nel caso non si riesca a identificare una causa, ma si sospetta un malfunziona­mento del tiralatte, potrebbe essere utile far verificare l’efficienza dell’apparecchio al pro­duttore.

Un altro fattore che può complicare l’estrazione del latte può essere rappresen­tato dallo stress derivante delle preoccupa­zioni riguardo al trattamento chirurgico del bambino e dagli spostamenti correlati alla cura della sua malformazione. Se la famiglia sceglie di operare il figlio in un centro lontano da casa la routine dell’estrazione del latte viene complicata dai lunghi viaggi, dalle lun­ghe attese fuori dagli ambulatori e via di­cendo. La mamma che tira il latte, a diffe­renza di una che allatta il proprio bambino, necessita spesso di un luogo con un minimo di privacy e che abbia almeno una presa elet­trica per il tiralatte.

Il biberon

Il bambino che prende poco latte dal seno e che necessita di un’aggiunta più o meno consistente con un metodo alternativo, può essere alimentato provvisoriamente tramite siringa senza ago, contagocce, bicchierino o con un comune cucchiaino di plastica, so­prattutto nei primissimi giorni, prima della montata lattea, visto il volume molto conte­nuto del colostro.

Per alimentare il bambino nel lungo ter­mine, ricorrere al biberon potrebbe essere una scelta pratica. In Italia l’unico biberon specializzato per la labiopalatoschisi attual­mente in commercio e facilmente reperibile tramite qualsiasi farmacia è il biberon “special needs” (prima conosciuto come “poppatoio di Habermann”), tuttavia in molti reparti di maternità non è conosciuto e po­trebbe non venire proposto ai genitori.

Il biberon “special needs” ha una tetta­rella particolare dotata di un serbatoio che può essere schiacciato dalla persona che alimenta il bambino quando è necessario aumentare il flusso per aiutare il bambino che non ha la capacitò di estrarre latte da solo. Questa tettarella ha un “taglio” al posto del foro che può essere orientato in diversi modi per variare il bolo di latte estratto.

Sono disponibili, anche se poco cono­sciute in Italia, altre tettarelle progettate per bambini con difficoltà di suzione con fori a forma di x o y, e biberon in plastica morbida che possono essere schiacciati per favorire la fuoriuscita del latte. Questi sistemi sono a volte più economici rispetto al biberon “special needs”, e alla mamma può essere utile conoscerne l’esistenza. Negli ultimi anni, frequentando bambini operati all’ospedale Cisanello di Pisa ho visto molti bambini, di pochi mesi, alimentati con biberon e tettarelle di varie marche, non necessaria­mente specifiche per labiopalatoschisi. In questi casi, spesso le mamme scelgono tetta­relle morbide e allargano il foro quando ne­cessario.

I biberon che facilitano molto l’assunzione di latte al bambino (speciali o modificati), po­trebbero presentare la controindicazione di un’insufficiente sollecitazione dei muscoli fac­ciali al fine dello sviluppo oro-facciale, come suggeriscono alcuni esperti. I biberon tradi­zionali possono in parte compensare questo problema imponendo al bambino un maggior sforzo nell’assunzione di latte; ugualmente efficace, nell’esperienza delle mamme da me seguite, è far seguire una poppata al seno all’alimentazione con biberon specializzato.

Sistema di alimentazione supplementare

Un sistema di alimentazione supplemen­tare come il DAS (facilmente reperibile in Italia) o il Lact-Aid (disponibile tramite internet) sarebbe in teoria ideale per fornire il latte per un bambino che riesce ad attaccarsi al seno ma che non riesce a estrarre tutto il latte di cui ha bisogno. Tuttavia, vi sono pro­blemi pratici che a volte li rendono inadatti alla situazione specifica della mamma.

Questi dispositivi di alimentazione alter­nativi richiedono un investimento di tempo sia per apprendere ad usarli, sia nell’utilizzo quo­tidiano, e può risultare difficile gestirli in una situazione già molto impegnativa a causa delle altre attività. In più, l’ideale per la mamma sarebbe poter ricevere un’assistenza personale diretta e continuativa finché il bambino e la mamma non si trovino al loro agio con il sistema, aiuto che non sempre è disponibile per la mamma. Nonostante le dif­ficoltà, comunque, rimane un valido mezzo per avvicinare il bambino al seno nel caso sia frustrato dal poco latte che riceve o per supe­rare un’eventuale rifiuto temporaneo del seno23.

Spesso, nei casi di labiopalatoschisi, il DAS funziona meglio se modificato forando il contenitore di plastica rigida (per facilitare l’equalizzazione della pressione interna con entrata di aria), e utilizzando contem­porane­amente entrambi i tubicini allo stesso seno per raddoppiare la quantità di latte in uscita24.

Il Lact-Aid per funzionare al meglio deve essere capovolto e adattato secondo le istru­zioni fornite dal produttore, in modo da sfrut­tare la forza di gravità. Essendo il corpo del Lact-Aid costituito da un sacchettino di plastica morbida, l’equaliz­zazione della pressione è immediata e non c’è bisogno di modifiche.

Il paracapezzolo in silicone

Qualche volta, dopo l’intervento di ripara­zione della schisi il bambino può avere un rifiuto del seno. Ci sono vari modi per riavvi­cinare il bambino al seno11, e la mamma po­trebbe aver bisogno di discuterne con una consulente di allattamento. Alcune mamme, il cui bambino ha avuto un intervento di chiu­sura del palato intorno ai sei mesi, hanno sperimentato il paracapezzolo insieme ad un sistema di alimentazione supplementare23,25. In pratica, si applica il tubicino del sistema supplementare con il nastro adesivo vicino al capezzolo nel modo consueto, poi si applica un paracapezzolo coprendo sia il tubicino sia il capezzolo (si può fissarlo con ulteriore na­stro adesivo per una maggiore stabilità). Per stimolare il bambino alla suzione e fornirgli un incentivo si può riempire la punta del paraca­pezzolo di latte in modo che il bambino riceva una gratificazione immediata quando si at­tacca al seno.

Il sondino naso-gastrico

Il sondino naso-gastrico non è quasi mai necessario ma, come testimoniato da alcune mamme, viene utilizzato qualche volta negli ospedali per nutrire i neonati affetti da la­bio/palatoschisi, talvolta anche senza aver precedentemente verificato se il bambino ab­bia effettivamente difficoltà di alimentazione o meno.

Placche ortodontiche

Le placche ortodontiche vengono talvolta introdotte con l’obiettivo di facilitare l’allattamento, ma in realtà non vi è con­senso sull’utilità di questo dispositivo. La ABM anzi indica che ci sono valide prove che le placche ortodontiche non migliorino significativamente l’efficacia della poppata27,28,29.

Il decorso post-operatorio

La scelta della struttura per l’intervento chirurgico del bambino è un fattore che in­fluirà notevolmente sull’allattamento. L’intervento chirurgico porterà un’interruzione temporanea dell’allattamento. Nel mi­gliore dei casi, il bambino potrà pop­pare fino ad un paio d’ore prima dell’intervento, e di nuovo appena uscito dalla sala operatoria. Nella prima parte dell’articolo pubblicato su LAM si è discusso di come di­versi centri prevedano iter diversi anche ri­guardo all’alimentazione post-opera­toria, e di come sia necessario per la mamma valutare anche questo aspetto nella scelta del centro a cui affidare il proprio bambino per la ripara­zione della schisi.

Nel caso del bambino affetto da labio­schisi, molte mamme raccontano come il bambino abbia voluto poppare già nei giorni successivi all’intervento, anche se in modo un po’ “impacciato”. La mamma dovrà stare at­tenta agli ingorghi dovuti ad un minor dre­naggio del seno (il bambino potrebbe aver meno appetito per qualche giorno, o poppare meno per il dolore). La mamma potrebbe dover “svuotare” il seno a fine pop­pata con la spremitura manuale o con il tira­latte, oppure usarlo quando sente il seno troppo pieno.

Passati i primi giorni post-intervento, il bambino potrebbe poi aumentare improvvi­samente la sua richiesta di poppare, e la mamma potrebbe aver bisogno di informa­zioni sulle tecniche utili per aumentare la pro­duzione2,15.

Nel caso di palatoschisi l’intervento sem­bra essere più doloroso per il bambino, ri­spetto alla più semplice chiusura del labbro o di labbro e gengiva. Dopo l’intervento al pa­lato i bambini sembrano avere dolore a de­glutire. Le mamme chiedono spesso aiuto e consigli per l’alimentazione post-intervento perché il bambino può rifiutare del tutto il latte (sia dal seno sia dal biberon) e anche il cibo solido.

Christa Herzog-Isler (consulente IBCLC svizzera, esperta in allattamento e labiopala­toschisi) consiglia l’uso di latte materno ad­densato (con banana frullata nel caso citato da lei) perché più facile da gestire per il bam­bino rispetto al solo latte6. Altre mamme confermano che i bambini gradiscono cibi freddi e semisolidi come lo yogurt o la crema. Nel caso di un bambino fino ad allora ali­mentato al seno o con latte tirato, sarebbe meglio continuare ad usare il latte materno, addensandolo, per il suo effetto analgesico, antibatterico e rilassante.

Quando il bambino viene operato al pa­lato prima dei sei mesi, la mamma dovrà va­lutare attentamente insieme ai medici se sarà opportuno o meno introdurre dei cibi diversi dal latte materno nel periodo successivo all’operazione. Le mamme raccontano che pasti piccoli e frequenti, che mantengono la bocca del bam­bino idratata, sembrano diminuire il dolore. In ogni caso, è frequente che venga la­sciata inserita la cannula della flebo durante i giorni di degenza, nel caso il bambino rifiu­tasse di alimentarsi per bocca e fosse neces­sario alimentare il bambino per via endove­nosa. In questo modo si assicura che il bambino venga nutrito e idratato senza doverlo costringere a mangiare contro la sua volontà.

Dopo l’intervento al palato, potrebbero passare alcune settimane prima che il bam­bino mostri desiderio di poppare dal seno, e questo può essere molto deludente per la mamma che magari aveva sperato di poter allattare finalmente il figlio senza ausili. È un periodo molto delicato in cui la mamma do­vrebbe essere seguita da una Consulente e durante il quale avrà bisogno di un sostegno in casa da parte del compa­gno e della famiglia, proprio come durante i primi giorni dopo il parto. Ci vorrà molta pazienza in un momento in cui sarà probabil­mente molto stanca e potrebbe sentire man­care l’adrenalina che l’ha sostenuta in attesa dell’intervento.

I tentativi di attaccare il bambino al seno si aggiungeranno al tempo notevole richiesto per tirare il latte, e perciò si tratterà di un pe­riodo faticoso, combinato con lo stress dell’incertezza circa l’esito dell’impresa. Molte mamme raccontano di sentirsi in colpa di fronte alla frustrazione del bambino nel tenta­tivo di prendere il seno, o al suo rifiuto del seno, e a volte finiscono per chiedersi se non sia una scelta egoistica da parte loro insistere nel tentavo di allattare.

Le mamme che hanno allattato in prece­denza sono quelle che persistono con più tranquillità, perché conoscono il valore di quello che stanno offrendo al bambino. Quando la mamma non riesce a portare il bambino al seno la consulenza può finire in modo molto amaro sia per la mamma sia per la Consu­lente. In situazioni come questa può essere di aiuto continuare a seguire la mamma fino a quando non abbia metaboliz­zato il suo “lutto” per l’allattamento non riuscito, insieme al ri­cordarle il valore del tentativo che ha fatto. Una mamma che ha tentato senza riuscirci di portare il figlio al seno dopo l’intervento di chiusura del palato, racconta di «Bellissimi ri­cordi di un’intimità speciale con il mio bam­bino» durante le dure settimane di tentativi25.

La mamma potrebbe trovare beneficio nello scrivere un racconto della propria espe­rienza, sapendo che potrà essere di aiuto ad altre mamme nella sua stessa situazione.

In conclusione

A volte l’allattamento viene considerato, invece che il normale modo di alimentare e accudire un neonato, come “una cosa in più” e come tale diventa facilmente ciò a cui si può rinunciare nei momenti più difficili. Non è raro che una mamma si senta dire che nel cercare di allattare suo figlio sta facendo una cosa per soddisfare i propri bisogni, anziché una cosa di prima necessità per il bambino. Conseguentemente, la mamma potrebbe tro­varsi nella situazione di dover difendere la sua scelta di allattare.

In questo caso, avrà bisogno di sostegno non solo da parte di una persona competente in allattamento, ma anche da parte della pro­pria famiglia e degli operatori sanitari coinvolti nella cura del bambino, a partire dal mo­mento dalla diagnosi prenatale, durante il parto, fino all’intervento chirurgico/i e oltre.

Allattare un bambino con la­bio/palato­schisi è possibile; ma non deve essere sola responsabilità della mamma, deve essere responsabilità della comunità intera. Con un soste­gno glo­bale e l’informazione giusta, do­vremmo poter met­tere ogni mamma di un bambino con la­bio/palatoschisi in condizione di poter allat­tare e/o nutrire il bambino con il proprio latte, in serenità.

Man mano che la nostra società ritornerà a una cul­tura di al­lattamento come norma biologica, si eli­mineranno le dif­ficoltà comuni a tutte le mamme che allattano, e al­lora l’allattamento di un bambino con la­biopalatoschisi diventerà un’evenienza più fre­quente e meno complicata.

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