Il presente articolo tratterà le difficoltà di questo allattamento dal punto di vista tecnico e pratico. Per quanto riguarda il sostegno si veda l'articolo pubblicato nella sezione per genitori Allattamento e labio/palatoschisi. Quali sono le difficoltà? (Parte prima – Il sostegno).
La sfida principale che una schisi pone all’allattamento deriva dal fatto che il bambino potrebbe avere difficoltà a creare il vuoto necessario per poppare con efficacia. In alcuni casi, la schisi sarà sufficientemente piccola perché il bambino possa poppare dal seno e prendere autonomamente il proprio fabbisogno di latte, in altri casi la schisi sarà troppo ampia affinché il bambino possa poppare con efficacia.
Una volta riparato il palato, il bambino sarà tecnicamente in grado di poppare dal seno, ma non è detto che l’allattamento parta, o riparta, senza difficoltà. Dipenderà dal tempismo dell’intervento e della volontà del bambino di reimparare a poppare, nonché dal sostegno che riceverà la mamma.
I vari tipi di schisi
Labioschisi
Nella labioschisi il labbro può essere fessurato in parte o completamente; l’interessamento può essere monolaterale o bilaterale, e può riguardare talvolta anche il naso1.
Un grande numero di mamme racconta di avere allattato esclusivamente il proprio bambino, affetto da questo tipo di schisi, anche in casi di malformazioni molto estese. Questo sembra indicare che l’allattamento possa svolgersi senza grosse difficoltà nei casi di labioschisi mono o bilaterale, anche quando è coinvolta la gengiva (alveolo).
In questi casi il bambino spesso poppa meglio con la schisi appoggiata contro il seno perché il tessuto del seno riesce a “riempire” la schisi, permettendo al bambino di formare il vuoto all’interno della bocca. Un seno abbondante e morbido potrebbe essere un vantaggio. Altre mamme raccontano di aver tenuto chiusa la schisi con le dita durante la poppata.
Se è pur vero che queste mamme hanno buone probabilità di riuscire ad allattare in maniera esclusiva, non bisogna minimizzare l’importanza del sostegno perché loro riescano ad allattare con serenità. La mamma si troverà probabilmente ad affrontare comunque poppate lunghe, e questi bambini sembrano soffrire di coliche (come anche i bambini con altri tipi di schisi - forse perché ingurgitano più aria attraverso la schisi) e rigurgiti frequenti, con maggiore probabilità dei bambini senza schisi orali. In più, il bambino dovrà affrontare uno o più interventi chirurgici che influiranno in qualche modo sul suo allattamento.
Anche in queste situazioni relativamente semplici ci vorranno qualche accorgimento e molte informazioni per evitare gli ingorghi e per mantenere una produzione abbondante di latte, visto che è comunque possibile una minor efficienza nel drenare il seno.
Palatoschisi
La palatoschisi può essere associata alla labioschisi, ma può anche presentarsi come una malformazione unica. Quando interessa labbro, gengiva, palato duro e palato molle viene definita “completa”, ma può interessare anche solo il palato molle (posteriore), o il palato osseo (anteriore). All’apertura più o meno completa della mucosa e dell’osso corrisponde sempre una mancata unione dei muscoli del palato, che non possono quindi funzionare adeguatamente. Esiste una forma particolare di palatoschisi, la palatoschisi sottomucosa, in cui il palato sembra chiuso, ma i muscoli sono separati2.
La labiopalatoschisi completa e la palatoschisi (sia che riguardi il palato duro sia molle) sembrerebbe precludere la possibilità di creare nella bocca il vuoto necessario per una poppata efficiente. Il libro "Allattamento al Seno: il libro delle risposte", a proposito del bambino affetto da palatoschisi – inclusi quelli affetti da labiopalatoschisi completa – dice che “L’allattamento esclusivo è un obiettivo sfuggente per tutti i neonati con palatoschisi, tranne pochi (Miller, 1998) e in quei casi ci sono voluti diversi mesi prima che il bambino potesse essere allattato in modo esclusivo”3.
Molte mamme raccontano che questi bambini, anche quando non sono in grado di nutrirsi direttamente al seno, sono in grado di poppare e questo comporta diversi benefici (discussi in un articolo di LAM n 87), tra i quali l’abituare il bambino alla suzione al seno in preparazione all’allattamento dopo l’intervento di riparazione della schisi.
Schisi del palato molle
Questo è un tipo di schisi spesso difficile da individuare4. A volte viene diagnosticata solo qualche giorno dopo la nascita, a seguito degli accertamenti fatti per indagare una crescita lenta. Questo tipo di schisi può essere evidenziata (oltre che con esame tattile e visivo) con l’ausilio di una luce diretta nella narice del bambino: una eventuale schisi lascia passare direttamente la luce nel cavo orale5.
Alcuni esperti2,6 ritengono che questo tipo di schisi precluda la riuscita di un allattamento esclusivo, ma alcune mamme di bambini affetti da una schisi del palato molle sono riuscite ad allattare in modo esclusivo o con una parziale integrazione dopo le poppate7.
Una mamma italiana alla cui bambina era stata diagnosticata una schisi del palato molle alcuni giorni dopo la nascita ha allattato esclusivamente sua figlia per tre mesi. Questa mamma ha smesso di allattare dopo aver ricevuto la notizia dolorosa di un’ulteriore malformazione ai reni della figlia: questo ha influito molto pesantemente sulla sua serenità psicologica ed emotiva. La mamma non sapeva di essere riuscita a fare una cosa eccezionale con il suo allattamento e racconta che probabilmente non sarebbe riuscita ad allattare se avesse saputo che non era considerato possibile. Aveva frequentato un ottimo corso pre-parto all’ospedale di Savona e aveva ricevuto molto incoraggiamento e sostegno da parte delle ostetriche presenti in ospedale nei giorni successivi al parto.
Nel caso in cui il bambino riesca a poppare dal seno, la mamma può, con un sostegno competente, massimizzare l’apporto di latte che il bambino prende. Interventi considerati utili sono quelli che migliorano il riflesso di emissione (impacchi caldi e massaggi) e quelli che aiutano il trasferimento di latte al bambino, come, per esempio, poppate frequenti alternando i seni più volte, la compressione del seno e la spremitura del seno a fine poppata allo scopo di migliorare il drenaggio del seno e quindi la produzione di latte8,2,9.
Bisogna avere presente che molti bambini possono aver bisogno di un’aggiunta o di un’alimentazione tramite biberon o altro sistema e conseguentemente è necessario monitorare l’andamento dell’allattamento per identificare in tempo queste situazioni.
Nel caso siano necessarie integrazioni in aggiunta al latte preso direttamente dal seno, si può proporre l’utilizzo di un sistema supplementare di alimentazione (DAS o Lact-Aid) o il dare un’aggiunta di latte materno spremuto tramite biberon alla fine della poppata.
Anche in questo caso ci vorrà attenzione per evitare ingorghi, per mantenere una produzione abbondante di latte e per aiutare il bambino a mantenere la presa durante la poppata.
Labiopalatoschisi completa o schisi del palato duro
La mia esperienza personale di assistenza a mamme che hanno tentato di allattare il proprio bambino direttamente al seno, concorda con quanto riportato in letteratura2,6, e cioè che nei casi di schisi del palato duro il bambino probabilmente potrà poppare al seno ma senza un’efficacia sufficiente a garantirgli l’apporto di latte necessario. In questo caso, il bambino deve essere alimentato in modo alternativo per i primi mesi, ma col tempo potrebbe sviluppare la capacità di prendere una parte del suo nutrimento in modo autonomo dal seno.
I bambini affetti da labiopalatoschisi hanno, a volte, un modo caratteristico di ciucciare al biberon, quasi masticandolo: ho osservato mia figlia (affetta da labiopalatoschisi monolaterale) poppare al seno allo stesso modo, come se “mungesse” il latte. Lei, crescendo, è diventata sempre più abile a poppare e all’età di quattro mesi ho potuto smettere di utilizzare il biberon di notte perché riusciva a saziarsi a sufficienza con la sola poppata al seno.
I bambini hanno spesso la tendenza a tenere la lingua nella schisi e questo può rendere difficile l’attacco al seno10. Si possono praticare esercizi sulla lingua per incoraggiare il bambino ad abbassarla prima di portarlo al seno11. Anche l’auto-attacco descritto come baby-led latching da Catherine Watson-Genna10 o "Biological Nurturing" da Suzanne Colson12, potrebbe essere utile, in quanto aiuta il bambino ad organizzare il movimento della lingua10.
In un recente studio13 Pathumwiwatana ha riportato l’esperienza di alcune donne che sono riuscite, opportunamente istruite, ad allattare in modo esclusivo direttamente al seno dei bambini affetti da labiopalatoschisi completa. La tecnica insegnata alle mamme durante questo studio consiste nell’otturare la schisi con il tessuto del seno, aumentando la pressione negativa intraorale e impedendo la fuoriuscita del latte dal naso. Le madri spremevano poi manualmente il latte mentre il bambino poppava dallo stesso seno in modo da massimizzare il trasferimento di latte.
Questo studio propone una nuova e interessante prospettiva della gestione dell’allattamento del bambino affetto da labiopalatoschisi.
Gli ausili
La mamma del bambino affetto da labio/palatoschisi potrebbe non avere bisogno di nessun ausilio durante l’allattamento. In ogni caso, conoscere i dispositivi che si possono utilizzare nell’affrontare problemi specifici l’aiuterà qualora dovesse incontrare delle difficoltà (come per esempio un ingorgo, un improvviso rifiuto del seno, eccetera).
Gli ausili che possono essere utili per l’alimentazione e l’allattamento del bambino affetto da labiopalatoschisi riguardano l’estrazione del latte materno e la somministrazione del latte (tiralatte, siringa, cucchiaio, contagocce, bicchierino, il poppatoio, DAS o Lact-Aid), possono essere dispositivi per aiutare il bambino stare al seno (DAS o Lact-Aid, paracapezzoli in silicone) o ausili di uso medico come il sondino naso-gastrico e la placca palatina.
Il tiralatte
Tirarsi il latte richiede un notevole impegno di tempo. A differenza della mamma che tira il proprio latte per un bambino che è ricoverato in terapia intensiva, la mamma di un bambino affetto da labiopalatoschisi avrà il bambino con sé, da accudire, da tenere al seno, e biberon con i quali dare il latte tirato.
Non è facile per una mamma trovare il tempo per tirare il latte, accudire il bambino e soddisfare i propri bisogni e quelli degli altri membri della famiglia (specie quando ci sono altri figli), soprattutto se ci sono difficoltà aggiuntive come appunto una malformazione, con tutte le visite, i controlli e gli impegni che comporta. Le mamme che ricorrono ad un’aggiunta di formula, dunque, sono frequenti.
La mamma avrà bisogno di trovare modi per tirare il latte in modo efficace per risparmiare tempo (per esempio usando un reggiseno o una fascia che regge le coppe del tiralatte, liberandole le mani per altre attività) e delle tecniche per massimizzare la quantità di latte estratto2,14,15,16.
Le mamme spesso accusano difficoltà nell’avviare e mantenere una produzione adeguata di latte. Si è visto che per stabilire una buona produzione di latte è vitale tirare il latte nei primi giorni con frequenza, drenando bene il seno17,18, e che la spremitura manuale o una combinazione di spremitura manuale e meccanica sono i metodi più efficaci per l’avvio e la manutenzione della produzione di latte19,20,21.
La Dott.ssa Morton ha prodotto il video ‘Maximising milk production’22, (che si può vedere in parte sul sito dello Stanford University), che mostra in dettaglio alcune tecniche per massimizzare la produzione del latte usando una combinazione di tiralatte e spremitura manuale (hands-on pumping).
Se c’è un calo improvviso della quantità di latte estratta, la mamma dovrebbe controllare attentamente il buon funzionamento del tiralatte. A volte si lacera la membrana che separa il contenitore di raccolta oppure le membrane o le guarnizioni del compressore e così diminuisce sensibilmente la forza di aspirazione. Di solito queste parti di ricambio sono già in dotazione oppure si possono acquistare. Nel caso non si riesca a identificare una causa, ma si sospetta un malfunzionamento del tiralatte, potrebbe essere utile far verificare l’efficienza dell’apparecchio al produttore.
Un altro fattore che può complicare l’estrazione del latte può essere rappresentato dallo stress derivante delle preoccupazioni riguardo al trattamento chirurgico del bambino e dagli spostamenti correlati alla cura della sua malformazione. Se la famiglia sceglie di operare il figlio in un centro lontano da casa la routine dell’estrazione del latte viene complicata dai lunghi viaggi, dalle lunghe attese fuori dagli ambulatori e via dicendo. La mamma che tira il latte, a differenza di una che allatta il proprio bambino, necessita spesso di un luogo con un minimo di privacy e che abbia almeno una presa elettrica per il tiralatte.
Il biberon
Il bambino che prende poco latte dal seno e che necessita di un’aggiunta più o meno consistente con un metodo alternativo, può essere alimentato provvisoriamente tramite siringa senza ago, contagocce, bicchierino o con un comune cucchiaino di plastica, soprattutto nei primissimi giorni, prima della montata lattea, visto il volume molto contenuto del colostro.
Per alimentare il bambino nel lungo termine, ricorrere al biberon potrebbe essere una scelta pratica. In Italia l’unico biberon specializzato per la labiopalatoschisi attualmente in commercio e facilmente reperibile tramite qualsiasi farmacia è il biberon “special needs” (prima conosciuto come “poppatoio di Habermann”), tuttavia in molti reparti di maternità non è conosciuto e potrebbe non venire proposto ai genitori.
Il biberon “special needs” ha una tettarella particolare dotata di un serbatoio che può essere schiacciato dalla persona che alimenta il bambino quando è necessario aumentare il flusso per aiutare il bambino che non ha la capacitò di estrarre latte da solo. Questa tettarella ha un “taglio” al posto del foro che può essere orientato in diversi modi per variare il bolo di latte estratto.
Sono disponibili, anche se poco conosciute in Italia, altre tettarelle progettate per bambini con difficoltà di suzione con fori a forma di x o y, e biberon in plastica morbida che possono essere schiacciati per favorire la fuoriuscita del latte. Questi sistemi sono a volte più economici rispetto al biberon “special needs”, e alla mamma può essere utile conoscerne l’esistenza. Negli ultimi anni, frequentando bambini operati all’ospedale Cisanello di Pisa ho visto molti bambini, di pochi mesi, alimentati con biberon e tettarelle di varie marche, non necessariamente specifiche per labiopalatoschisi. In questi casi, spesso le mamme scelgono tettarelle morbide e allargano il foro quando necessario.
I biberon che facilitano molto l’assunzione di latte al bambino (speciali o modificati), potrebbero presentare la controindicazione di un’insufficiente sollecitazione dei muscoli facciali al fine dello sviluppo oro-facciale, come suggeriscono alcuni esperti. I biberon tradizionali possono in parte compensare questo problema imponendo al bambino un maggior sforzo nell’assunzione di latte; ugualmente efficace, nell’esperienza delle mamme da me seguite, è far seguire una poppata al seno all’alimentazione con biberon specializzato.
Sistema di alimentazione supplementare
Un sistema di alimentazione supplementare come il DAS (facilmente reperibile in Italia) o il Lact-Aid (disponibile tramite internet) sarebbe in teoria ideale per fornire il latte per un bambino che riesce ad attaccarsi al seno ma che non riesce a estrarre tutto il latte di cui ha bisogno. Tuttavia, vi sono problemi pratici che a volte li rendono inadatti alla situazione specifica della mamma.
Questi dispositivi di alimentazione alternativi richiedono un investimento di tempo sia per apprendere ad usarli, sia nell’utilizzo quotidiano, e può risultare difficile gestirli in una situazione già molto impegnativa a causa delle altre attività. In più, l’ideale per la mamma sarebbe poter ricevere un’assistenza personale diretta e continuativa finché il bambino e la mamma non si trovino al loro agio con il sistema, aiuto che non sempre è disponibile per la mamma. Nonostante le difficoltà, comunque, rimane un valido mezzo per avvicinare il bambino al seno nel caso sia frustrato dal poco latte che riceve o per superare un’eventuale rifiuto temporaneo del seno23.
Spesso, nei casi di labiopalatoschisi, il DAS funziona meglio se modificato forando il contenitore di plastica rigida (per facilitare l’equalizzazione della pressione interna con entrata di aria), e utilizzando contemporaneamente entrambi i tubicini allo stesso seno per raddoppiare la quantità di latte in uscita24.
Il Lact-Aid per funzionare al meglio deve essere capovolto e adattato secondo le istruzioni fornite dal produttore, in modo da sfruttare la forza di gravità. Essendo il corpo del Lact-Aid costituito da un sacchettino di plastica morbida, l’equalizzazione della pressione è immediata e non c’è bisogno di modifiche.
Il paracapezzolo in silicone
Qualche volta, dopo l’intervento di riparazione della schisi il bambino può avere un rifiuto del seno. Ci sono vari modi per riavvicinare il bambino al seno11, e la mamma potrebbe aver bisogno di discuterne con una consulente di allattamento. Alcune mamme, il cui bambino ha avuto un intervento di chiusura del palato intorno ai sei mesi, hanno sperimentato il paracapezzolo insieme ad un sistema di alimentazione supplementare23,25. In pratica, si applica il tubicino del sistema supplementare con il nastro adesivo vicino al capezzolo nel modo consueto, poi si applica un paracapezzolo coprendo sia il tubicino sia il capezzolo (si può fissarlo con ulteriore nastro adesivo per una maggiore stabilità). Per stimolare il bambino alla suzione e fornirgli un incentivo si può riempire la punta del paracapezzolo di latte in modo che il bambino riceva una gratificazione immediata quando si attacca al seno.
Il sondino naso-gastrico
Il sondino naso-gastrico non è quasi mai necessario ma, come testimoniato da alcune mamme, viene utilizzato qualche volta negli ospedali per nutrire i neonati affetti da labio/palatoschisi, talvolta anche senza aver precedentemente verificato se il bambino abbia effettivamente difficoltà di alimentazione o meno.
Placche ortodontiche
Le placche ortodontiche vengono talvolta introdotte con l’obiettivo di facilitare l’allattamento, ma in realtà non vi è consenso sull’utilità di questo dispositivo. La ABM anzi indica che ci sono valide prove che le placche ortodontiche non migliorino significativamente l’efficacia della poppata27,28,29.
Il decorso post-operatorio
La scelta della struttura per l’intervento chirurgico del bambino è un fattore che influirà notevolmente sull’allattamento. L’intervento chirurgico porterà un’interruzione temporanea dell’allattamento. Nel migliore dei casi, il bambino potrà poppare fino ad un paio d’ore prima dell’intervento, e di nuovo appena uscito dalla sala operatoria. Nella prima parte dell’articolo pubblicato su LAM si è discusso di come diversi centri prevedano iter diversi anche riguardo all’alimentazione post-operatoria, e di come sia necessario per la mamma valutare anche questo aspetto nella scelta del centro a cui affidare il proprio bambino per la riparazione della schisi.
Nel caso del bambino affetto da labioschisi, molte mamme raccontano come il bambino abbia voluto poppare già nei giorni successivi all’intervento, anche se in modo un po’ “impacciato”. La mamma dovrà stare attenta agli ingorghi dovuti ad un minor drenaggio del seno (il bambino potrebbe aver meno appetito per qualche giorno, o poppare meno per il dolore). La mamma potrebbe dover “svuotare” il seno a fine poppata con la spremitura manuale o con il tiralatte, oppure usarlo quando sente il seno troppo pieno.
Passati i primi giorni post-intervento, il bambino potrebbe poi aumentare improvvisamente la sua richiesta di poppare, e la mamma potrebbe aver bisogno di informazioni sulle tecniche utili per aumentare la produzione2,15.
Nel caso di palatoschisi l’intervento sembra essere più doloroso per il bambino, rispetto alla più semplice chiusura del labbro o di labbro e gengiva. Dopo l’intervento al palato i bambini sembrano avere dolore a deglutire. Le mamme chiedono spesso aiuto e consigli per l’alimentazione post-intervento perché il bambino può rifiutare del tutto il latte (sia dal seno sia dal biberon) e anche il cibo solido.
Christa Herzog-Isler (consulente IBCLC svizzera, esperta in allattamento e labiopalatoschisi) consiglia l’uso di latte materno addensato (con banana frullata nel caso citato da lei) perché più facile da gestire per il bambino rispetto al solo latte6. Altre mamme confermano che i bambini gradiscono cibi freddi e semisolidi come lo yogurt o la crema. Nel caso di un bambino fino ad allora alimentato al seno o con latte tirato, sarebbe meglio continuare ad usare il latte materno, addensandolo, per il suo effetto analgesico, antibatterico e rilassante.
Quando il bambino viene operato al palato prima dei sei mesi, la mamma dovrà valutare attentamente insieme ai medici se sarà opportuno o meno introdurre dei cibi diversi dal latte materno nel periodo successivo all’operazione. Le mamme raccontano che pasti piccoli e frequenti, che mantengono la bocca del bambino idratata, sembrano diminuire il dolore. In ogni caso, è frequente che venga lasciata inserita la cannula della flebo durante i giorni di degenza, nel caso il bambino rifiutasse di alimentarsi per bocca e fosse necessario alimentare il bambino per via endovenosa. In questo modo si assicura che il bambino venga nutrito e idratato senza doverlo costringere a mangiare contro la sua volontà.
Dopo l’intervento al palato, potrebbero passare alcune settimane prima che il bambino mostri desiderio di poppare dal seno, e questo può essere molto deludente per la mamma che magari aveva sperato di poter allattare finalmente il figlio senza ausili. È un periodo molto delicato in cui la mamma dovrebbe essere seguita da una Consulente e durante il quale avrà bisogno di un sostegno in casa da parte del compagno e della famiglia, proprio come durante i primi giorni dopo il parto. Ci vorrà molta pazienza in un momento in cui sarà probabilmente molto stanca e potrebbe sentire mancare l’adrenalina che l’ha sostenuta in attesa dell’intervento.
I tentativi di attaccare il bambino al seno si aggiungeranno al tempo notevole richiesto per tirare il latte, e perciò si tratterà di un periodo faticoso, combinato con lo stress dell’incertezza circa l’esito dell’impresa. Molte mamme raccontano di sentirsi in colpa di fronte alla frustrazione del bambino nel tentativo di prendere il seno, o al suo rifiuto del seno, e a volte finiscono per chiedersi se non sia una scelta egoistica da parte loro insistere nel tentavo di allattare.
Le mamme che hanno allattato in precedenza sono quelle che persistono con più tranquillità, perché conoscono il valore di quello che stanno offrendo al bambino. Quando la mamma non riesce a portare il bambino al seno la consulenza può finire in modo molto amaro sia per la mamma sia per la Consulente. In situazioni come questa può essere di aiuto continuare a seguire la mamma fino a quando non abbia metabolizzato il suo “lutto” per l’allattamento non riuscito, insieme al ricordarle il valore del tentativo che ha fatto. Una mamma che ha tentato senza riuscirci di portare il figlio al seno dopo l’intervento di chiusura del palato, racconta di «Bellissimi ricordi di un’intimità speciale con il mio bambino» durante le dure settimane di tentativi25.
La mamma potrebbe trovare beneficio nello scrivere un racconto della propria esperienza, sapendo che potrà essere di aiuto ad altre mamme nella sua stessa situazione.
In conclusione
A volte l’allattamento viene considerato, invece che il normale modo di alimentare e accudire un neonato, come “una cosa in più” e come tale diventa facilmente ciò a cui si può rinunciare nei momenti più difficili. Non è raro che una mamma si senta dire che nel cercare di allattare suo figlio sta facendo una cosa per soddisfare i propri bisogni, anziché una cosa di prima necessità per il bambino. Conseguentemente, la mamma potrebbe trovarsi nella situazione di dover difendere la sua scelta di allattare.
In questo caso, avrà bisogno di sostegno non solo da parte di una persona competente in allattamento, ma anche da parte della propria famiglia e degli operatori sanitari coinvolti nella cura del bambino, a partire dal momento dalla diagnosi prenatale, durante il parto, fino all’intervento chirurgico/i e oltre.
Allattare un bambino con labio/palatoschisi è possibile; ma non deve essere sola responsabilità della mamma, deve essere responsabilità della comunità intera. Con un sostegno globale e l’informazione giusta, dovremmo poter mettere ogni mamma di un bambino con labio/palatoschisi in condizione di poter allattare e/o nutrire il bambino con il proprio latte, in serenità.
Man mano che la nostra società ritornerà a una cultura di allattamento come norma biologica, si elimineranno le difficoltà comuni a tutte le mamme che allattano, e allora l’allattamento di un bambino con labiopalatoschisi diventerà un’evenienza più frequente e meno complicata.
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