La Leche League è entrata nella mia vita un po’ per caso e, come tutte le cose belle, quando arrivano per caso o comunque quando meno te lo aspetti, ti stupiscono e ti lasciano a bocca aperta! La mia storia inizia molto tempo prima di aver conosciuto questa associazione. Ed è un po’ particolare ma straordinariamente favolosa...sì, insomma, un po’ come nelle favole.

Ho avuto un parto inaspettato, molto prima del previsto, alla 30a settimana di gestazione ho dato alla luce Marisol. La mia secondogenita, una bellissima e fortissima bambina che, ahimè, ha avuto la sfortuna di stare fisicamente lontana dalla mamma per ben 2 mesi e mezzo. Avere un figlio prematuro è un’esperienza che ti stravolge la vita in tutti i sensi e, se già un figlio di per sé è un’esperienza radicale, un figlio prematuro comporta necessariamente anche una mamma, un papà e una famiglia prematura.

Dover anticipare il tutto ha davvero smosso energie e blocchi che fino a quel momento erano a me sconosciuti. Insomma, anche se ero già mamma, esserlo per la seconda volta in questi termini di sicuro non è stata la stessa cosa. Appena nata Marisol è stata intubata e portata in patologia neonatale e io l’ho vista per la prima volta solo dopo 2 giorni! Ma, alla faccia di chi dice che con un cesareo è più difficile che arrivi la montata lattea, io la notte stessa avevo già cominciato a “lavorare”. La mattina mi sono svegliata con una bella chiazza di colostro nel camice post operazione (la natura è davvero meravigliosa!) e non vi dico la felicità...per me quello è stato l’inizio del mio legame con la piccola Marisol. Per me il momento di tirare il latte era diventato importantissimo!!

Ovviamente per 2 mesi e mezzo il mio allattamento non è stato “naturale”, non era come tutte se lo immaginano o lo sognano: io dovevo accendere una macchina e far partire una specie di motore che sembrava più una mungitrice che un tiralatte. Mi chiedevo spesso che senso avesse, perché dovevo stare lì ogni 3 ore per 10 minuti a seno, perché doveva essere tutto così “sterile”? Così “innaturale”? Poi chiudevo gli occhi e pensavo che tutto quello che stavo facendo era per lei, solo per lei... non c’era altro che la sua faccia davanti a me e quella luce che era la speranza che prima o poi anche Marisol finalmente sarebbe stata mia e che quel legame sarebbe stato vero e reale.

Tirando il latte ebbi dei problemi: un ingorgo nella parta alta del seno sinistro che mi spaventò molto, visto che 3 anni prima ero stata operata proprio in quel seno per un fibroadenoma in età giovanile. Già mi immaginavo malata terminale che mi toglievo l’ultimo goccio di latte per darlo a mia figlia e in quel momento mi sono sentita sola.

I medici e gli infermieri mi dicevano che dovevo andare a farmi un’ecografia per escludere qualsiasi cosa. Quella sera quando tornai dall’ospedale oltre a piangere disperatamente mi trovai ad avere due pietre al posto delle tette.

Solo l’amore e il calore della mia famiglia mi riportarono alla realtà: mio figlio più grande, sentendomi piangere e singhiozzare dalla cucina, è sceso dal suo lettino e si avvicinò per chiedermi cosa stesse succedendo e, con l’innocenza che solo un bambino di 5 anni può avere, mi disse semplicemente: “Mamma, facciamo una preghierina a Gesù e vedrai che tutto andrà bene.”. Mi lasciai massaggiare il seno e fare una spremitura manuale dal mio compagno che si era amorevolmente offerto di aiutarmi visto che io ero completamente in “tilt” e non sapevo più cosa fare.

Il primo attacco di Marisol fu in patologia: un momento magico!!!

Marisol era alimentata tramite sondino naso gastrico, era broncodisplasica e aveva le cannuline dell’ossigeno. Con tutti questi tubi per molti era impensabile che lei potesse ciucciare anche dalla tetta. Invece lei, piccola, furba e tenace, ha riconosciuto subito la tetta, quella sconosciuta che per più di un mese non si era fatta vedere. Marisol veniva nutrita comunque con il mio latte tramite sondino, ma è bastato prenderla in braccio una volta uscita dall’incubatrice, farle sentire il mio odore che quasi per magia l’attacco è stato perfetto.

Nessuno glielo aveva insegnato ma lei sapeva farlo!

Purtroppo, non mi fu possibile gioire a pieno per quei momenti, alcune infermiere pensavano che al seno la bambina si stancasse troppo e giocasse soltanto con il seno senza davvero mangiare. Questi pareri mi misero in crisi di nuovo perché mi dissero che dovevo tenere la bambina solo 3 minuti per tetta, poi dare il biberon e infine quello che avanzava dovevo spingerglielo giù con la siringa tramite sondino o, peggio ancora, tramite pompaggio. Un giorno chiesi aiuto a una delle infermiere più anziane e forse ho ricevuto proprio quella parola di conforto che cercavo, un aiuto prezioso e accogliente, diverso dal solito: “Quando ci sei tu, sei tu... dalle solo la tetta”.

E così feci, perché mi sembrava che questo suggerimento più di tutti gli altri fosse adatto a me e... addirittura mi accorsi che quando Marisol mangiava dal seno desaturava meno, come se quello “sforzo” (così come lo chiamava la maggior parte delle infermiere) in realtà per lei fosse meno gravoso. Sapevo benissimo che in quel momento non stava passando solo latte ma stavo nutrendo mia figlia con tutto il mio amore, che in quella tetta non c’era solo cibo ma molto di più: c’era la mamma.

Non era facile allattare serenamente su un’orribile sedia dura, con mille occhi che mi guardavano come se stessi facendo del male a mia figlia ma io mi concentravo su di lei e andammo avanti così per circa una settimana.

All’improvviso però ci fu un inconveniente e, proprio in quel reparto dove era stata salvata un mese prima, si beccò la bronchiolite. Fu il nostro calvario e la nostra sofferenza più grande: siamo state divise per la seconda volta e Marisol fu riportata in incubatrice per altre due settimane.

La piccola, che finalmente aveva conosciuto la mamma, con cui si stava finalmente instaurando quel rapporto tanto atteso, fu strappata dalle mie braccia per la seconda volta. Questa cosa non me la perdonerò mai: fu dolorosissimo e stavo per andare davvero in depressione, non so in quel momento come sono riuscita ancora ad estrarre latte. È stato grazie alla mia tenacia e perseveranza se sono riuscita ad arrivare ad abbracciare Marisol in pediatria: la mia piccola leonessa in “gabbia” non ce la faceva più, nonostante la alimentassero direttamente con un sondino non riusciva più a crescere come prima. C’era una cosa che medici e infermieri non avevano capito: Marisol voleva la sua mamma, e fu chiaro quando un giorno per rifarle il nido dentro l’incubatrice me la diedero un secondo in braccio e quando me la tolsero per rimetterla dentro lei cominciò a strillare come mai aveva fatto prima. Sentirla piangere mi “tolse il cuore”, era chiaro che voleva stare con me e io volevo la mia bambina.

Quelle 2 settimane mi sono sembrate un’eternità ma alla fine, data la mia insistenza, si decisero a mandarmi in pediatria per verificare se veramente lei poteva crescere solo con il mio latte.

Mi dissero di fare la doppia pesata a ogni poppata e appuntare il peso. Ma immaginate quanto fosse difficile gestire una situazione del genere con una bambina di appena 2 kg che voleva attaccarsi spesso, a volte rigurgitava e spesso piangeva. Stavo impazzendo. Così ho deciso di estrarre il mio latte e darglielo con il biberon per riuscire a tenere l’allattamento sotto controllo, accontentare i medici e riuscire a tornare presto a casa. Finalmente tornate a casa il nostro primo e più grande desiderio era di stare insieme, sempre, il più possibile. Ho fatto marsupio terapia per 2 mesi giorno e notte, nonostante mi dicessero che la stavo viziando, che ero io ad avere bisogno di lei, che lei si era già abituata a stare senza di me, ancora oggi mi chiedo come si potevano dire cose così tanto dure a una mamma che già faceva fatica ad accettare una situazione così tanto impegnativa e piena di ostacoli.

Fu proprio in quel momento che conobbi La Leche League, me ne aveva parlato la prima volta un’altra mamma “prematura” come me.

Dopo 2 mesi e mezzo non facili tra tiralatte e attaccare Marisol contattai le Consulenti perchè avendo un riflesso di emissione forte, lei faticava a gestirlo, non perchè lei non sapesse farlo ma perchè la stimolazione era diversa... lei era piccola e per quanto brava fosse il mio flusso era troppo forte e rischiavo di perdere quel legame fantastico che con tanta fatica ero riuscita ad instaurare...Le Consulenti de La Leche League mi hanno indicato alcune posizioni per facilitare la gestione del flusso, mi hanno proposto di provare ad allattare un seno alla volta, oppure di provare ad allattare camminando.

Ho trovato questi suggerimenti efficaci ma la cosa che davvero mi ha riempito il cuore e che ho trovato la più importante, il tassello di cui veramente avevo bisogno era essere compresa e supportata in tutto quello che avevo passato.

La mia storia in realtà alle mamme volontarie de La Leche League non l’ho mai raccontata dettagliatamente, ma la loro umanità, la loro disponibilità, anche semplicemente ad ascoltarmi, non l’ho trovata in nessun medico... e quasi in nessuno dei miei famigliari.

Al mondo d’oggi quello che conta è la crescita... il risultato, ma non ci si preoccupa del come... certo anche con il latte formulato si cresce... ma come?? Insomma... l’importanza che ha UNA TETTA... nessuno la sa...

Ne La Leche League ho trovato mamme esperte che con la loro semplicità e con la loro esperienza di mamme hanno saputo starmi vicino, non solo fisicamente, dandomi preziosi consigli, ma psicologicamente dandomi quell’incoraggiamento che quasi nessuno era riuscito a darmi, soprattutto quella sicurezza che avevo bisogno di concretizzare.

Mi hanno dato la conferma dell’importanza del “sesto senso”, dell’ascoltare e di mettersi in sintonia con il proprio bambino. Potrà sembrare banale ma quando ti accorgi che è grazie al tuo latte che si è instaurato un rapporto così meraviglioso con il tuo bambino capisci che la tetta non è solo nutrimento ma è veramente “amore puro”.

La nostra pediatra ancora ad oggi non si spiega la crescita di Marisol, non si spiega come una bambina nata prematura di 1.050 kg per 42 cm abbia potuto recuperare così in fretta, non gliel’ho spiegato ma io e Marisol sappiamo benissimo il perchè...

Per noi l’allattamento è stata la salvezza in tutti i sensi: è solo grazie all’allattamento se Marisol oggi è quello che è e io non sarei arrivata ad oggi con questa serenità.

Ma la cosa più buffa è che io mi sono completamente fidata di Marisol, sembra strano eppure quando tu chiudi gli occhi e ti affidi ciecamente a chi hai di fronte sai benissimo che quello che stai facendo è la cosa giusta. Non mi sono più posta la domanda se Marisol stesse crescendo bene o no. Prima di conoscere La Leche League mi stavo incastrando con domande per cui una risposta non c’era: come facevo a sapere quanto mangiava effettivamente dal seno? A sapere quanto cresceva?

Insomma, le classiche domande che si pone una mamma ansiosa... Ma io non ero quel genere di mamma. Lo ero diventata semplicemente per tutte le raccomandazioni che ci hanno fatto in ospedale. Dopo aver conosciuto La Leche League il rapporto con Marisol è andato sempre meglio. A volte chiamavo le Consulenti de La Leche League avendo già io la risposta.

In fondo siamo “un po’ tutte La Leche League”: dentro ci siamo tutte noi mamme con i nostri dubbi, le notti insonni e qualche difficoltà.

L’istinto di mamma mi ha portato a sapere cosa è giusto fare in più momenti difficili, mi ha aiutata anche l’estate scorsa, quando ho avuto un problema di ingorgo che ho trascurato, rischiando di compromettere il mio allattamento, anche in quell’occasione, contattando La Leche League, ho trovato ascolto e comprensione da una Consulente mamma speciale, che mi ha aiutata a valutare e fare le “mie” scelte con consapevolezza. Con Marisol ho imparato a non guardare in faccia nessuno. Nessuna difficoltà o ostacolo possono essere così forti da interrompere il nostro legame. La volontà, la forza, il coraggio, l’ascolto verso se stessi, l’amore, l’importanza dell’allattare fanno “vincere”, danno la forza di non ascoltare tutte le “chiacchiere”: la cosa più importante e più bella è quando abbiamo il nostro bambino tra le braccia e i nostri sguardi si incrociano non si sta nutrendo solo del tuo, del nostro, latte ma di tutto l’amore che abbiamo per lui e vorremmo che questo legame non finisse mai.

 

Marisol NdR: cliccando qui puoi trovare un video che testimonia l’allattamento di Ilenia e Marisol