In questi casi, diventano fondamentali aspetti tecnici come la possibilità di farsi seguire da persona di sostegno competente dalla gravidanza fino all’intervento di chiusura del palato e anche oltre, un iter chirurgico che permetta e promuova l’allattamento, e infine una corretta conoscenza tra gli operatori sanitari riguardo alle difficoltà che la madre potrebbe incontrare.
Quest’articolo prende in esame le problematiche individuate negli ultimi 5 anni di lavoro e osservazione che rendono difficile l’allattamento per i bambini affetti da labio/palatoschisi. La speranza è che ciò sia d’aiuto alle consulenti in allattamento e alle altre figure mediche (neonatologo, pediatra, chirurgo, anestesista, infermiere, eccetera) affinché possano abbattere, o per lo meno diminuire, le barriere che ostacolano l’allattamento.
Questo articolo riguarda principalmente il sostegno alla coppia mamma/ bambino; la seconda parte Allattamento e labio/palatoschisi. Quali sono le difficoltà? (Gli ausilii) considera più in profondità i diversi tipi di schisi, gli ausili e il loro utilizzo, e gli aspetti tecnici e pratici dell’allattamento nel caso di labio/palatoschisi.
L’articolo inizia esaminando il sostegno all’allattamento, perché oggi molte mamme rinunciano prima ancora di cominciare. Soprattutto senza la presenza della figura di una consulente in allattamento all’interno dell’équipe che seguirà il bambino affetto da labio/palatoschisi e senza una precisa politica riguardo all’allattamento proposta dal centro per la labio/palatoschisi che ha in cura il bambino, la mamma potrebbe ricevere informazioni sull’allattamento in modo casuale o queste informazioni potrebbero non essere coerenti con il piano di cura del bambino. Il rapporto di collaborazione tra la consulente in allattamento e gli altri membri dell’équipe è infatti fondamentale affinché la madre riceva informazioni sull’allattamento accurate e valide nella situazione specifica della labio/palatoschisi. In mancanza di un sostegno adeguato e di una informazione corretta, perciò, l’allattamento del bambino affetto da labio/palatoschisi può sembrare un’impresa troppo difficile.
Preparazione alla nascita
La diagnosi prenatale
La diagnosi prenatale della labio/palatoschisi non è fondamentale per un buon avvio dell’allattamento. L’ecografia spesso non fornisce certezze riguardo all’entità della schisi (nota 3) che potrà essere valutata con certezza solo al momento della nascita. È quello il momento in cui sarà possibile fare previsioni sull’influenza che la schisi avrà sull’andamento dell’allattamento.
Sapere della schisi già in gravidanza, tuttavia, permette alla madre di informarsi sull’allattamento e sugli eventuali ausili che possono essere utili o necessari (per esempio tiralatte, poppatoio specializzato, dispositivo supplementare di alimentazione, ecc.), prendere contatto con una Consulente in allattamento, scegliere la struttura dove sarà operato il bambino, organizzare la gestione della casa per poter meglio far fronte all’impegno di tempo richiesto per l’allattamento di un bambino affetto da labio/palatoschisi.
Allo stesso tempo, la diagnosi prenatale di labio/palatoschisi può essere una fonte notevole di stress se non viene accompagnata da una comunicazione adeguata e da un sostegno alla famiglia efficace. Il gruppo di lavoro Eurocleft consiglia che insieme alla diagnosi prenatale di labio/palatoschisi venga offerto ai futuri genitori un sostegno psicologico4. Visto che attualmente non è generalmente previsto un sostegno di questo tipo nelle strutture ospedaliere italiane, la Consulente in allattamento potrebbe trovarsi ad essere la prima ad offrire ascolto e sostegno a una madre, in stato di grande confusione emotiva. Aiutarla a stilare un ‘piano’ per l’allattamento del bambino può dare alla mamma un progetto concreto per il futuro, un elemento positivo su cui concentrarsi nell’incertezza del periodo successivo alla diagnosi positiva di labio/palatoschisi
Aspetti psicologici della diagnosi
I genitori potrebbero provare paura per l’aspetto, ancora ignoto, del proprio figlio. Vedere foto di neonati con schisi simili a quella diagnosticata al nascituro, soprattutto di bambini sorridenti insieme a genitori sereni, può aiutarli a familiarizzarsi con l’aspetto fisico della schisi e a tranquillizzarsi riguardo alla propria capacità di accettazione. I primi momenti dopo il parto sono fondamentali per la creazione del legame madre-figlio, e le mamme che hanno potuto tenere da subito vicino il loro bambino affetto da labio/palatoschisi raccontano di essersi innamorate all’istante.
Ciò non toglie che ci potrebbero essere momenti di difficoltà e ansia rispetto all’aspetto fisico e al rischio di anomalie congenite correlate, nonché nei riguardi della correzione chirurgica della schisi, sia in attesa dell’intervento sia dopo. L’accettare e l’imparare a convivere con un’anomalia congenita non sembra essere un processo lineare (cioè in cui si supera il dolore della situazione una volta per sempre) bensì una metabolizzazione di emozioni e di dolore, che riaffiorano periodicamente. Sapere che le emozioni della mamma possono manifestarsi nel tempo con andamenti molto altalenanti è utile all’operatore per capire che il comportamento della mamma rimane nella norma ed è costruttivo. A seconda dello stato emotivo manifestato dalla mamma, l’operatore può modificare la sua comunicazione per renderla più efficace. Ad esempio, quando la mamma è in un momento di forte stress è opportuno fornirle le informazioni in modo lento e graduale, e proporre materiale stampato che lei possa rileggere in un momento più tranquillo (nota 5).
Può essere utile incoraggiare i futuri genitori a frequentare forum o gruppi di genitori di bambini con labio/palatoschisi. I genitori potranno trovare un riconoscimento delle loro paure, ed essere rasserenati da persone che hanno vissuto le loro stesse ansie e hanno trovato un modo per superarle o conviverci.
L’aspetto fisico di un bambino affetto da labio/palatoschisi può sorprendere e far sorgere preoccupazioni in chi lo vede per la prima volta, ma una volta che diventa familiare, la schisi non cancella la bellezza del bambino. L’operatore che si trova in difficoltà davanti ad un bambino di aspetto insolito, può concentrarsi sulla bellezza dei suoi occhi, o su altri aspetti “normali” e gradevoli del bambino.
Il momento del parto
Solitamente, la presenza di labio/palatoschisi non richiede un cambiamento nella scelta della struttura dove partorire. La labio/palatoschisi di per sé non costituisce ragione per una separazione dalla madre, né dovrebbe richiedere un ricovero in terapia intensiva o un’intubazione per l’alimentazione. Tuttavia, alcuni medici consigliano alle mamme di partorire in strutture specializzate, e in alcuni casi il bambino viene alimentato con il sondino gastrico (con conseguenti difficoltà di alimentazione orale e ritardo nella dimissione). La mamma potrebbe aver bisogno di discuterne con il medico curante che la segue (nota 6) o potrebbe voler chiedere altri pareri.
A volte la labio/palatoschisi viene scoperta al momento della nascita, e questo può succedere anche in casi di schisi molto estese. Il personale medico dovrebbe avere un’adeguata preparazione per poter affrontare la presentazione imprevista di labio/palatoschisi senza paura o superflua preoccupazione per la salute del bambino ma piuttosto con attenzione e delicatezza nei confronti dello stato emotivo e psicologico dei neo-genitori. Le mamme raccontano spesso come sia terribile essere separati dal figlio senza poterlo vedere e potersi rassicurare circa il suo benessere tramite il contatto diretto.
Una mamma di una bimba nata con labioschisi ha raccontato il suo dispiacere perché la figlia veniva tenuta nel nido del’ospedale dove veniva “esposta” insieme a tutti gli altri neonati dietro il vetro durante le ore di visita: si angosciava di non poter tenere sua figlia con sé e proteggerla dagli sguardi delle persone curiose e sconosciute.
Anche un bambino con schisi ha bisogno di attaccarsi al seno nelle prime ore dopo la nascita per iniziare quella comunicazione con la madre che è alla base dell’allattamento. Sia che riesca o no ad alimentarsi, il tempo passato al seno sarà un momento piacevole sia per il bambino, sia per la mamma. La mamma di un bambino affetto da labio/palatoschisi ha bisogno delle stesse cose di cui ha bisogno qualsiasi madre: avrebbe bisogno di essere accolta da un ospedale che sostenga e protegga la coppia allattante, come avviene in quei punti nascita che aderiscono all’iniziativa OMS/UNICEF “Ospedale amico dei bambini” (BFHI, nota 7).
Ogni schisi è diversa, e richiede soluzioni e aspettative diverse.
I vari tipi di schisi e il loro impatto sull’allattamento saranno presi in esame in dettaglio nella seconda parte dell’articolo. Poiché ogni caso è a sé e richiede interventi e soluzioni personalizzate, se l’operatore sarà informato circa l’esperienza di altre mamme con diversi tipi di schisi potrà aiutare la mamma a formulare aspettative realistiche riguardo all’allattamento. È importante conoscere, quindi, se altre mamme siano riuscite ad allattare pienamente, parzialmente, o se siano riuscite ad allattare solo dopo l’intervento di chiusura del palato e abbiano fornito nel frattempo al figlio il loro latte spremuto.
La localizzazione della schisi (labbro, gengiva, palato duro, palato molle), e la sua entità influiranno anche sul numero e sulla tempistica degli interventi chirurgici alla quale sarà sottoposto il bambino.
La scelta della struttura per l’intervento chirurgico del bambino è un fattore che influirà notevolmente sull’allattamento. I genitori potrebbero esserne al corrente e potrebbero essere alla ricerca di una struttura che facilita l’allattamento, o potrebbero voler dialogare con il chirurgo dell’ospedale affinché venga incontro alle esigenze della coppia allattante mamma/bambino. La Consulente non è la figura che deve aiutare la mamma a scegliere la struttura migliore per l’intervento del figlio, ma può aiutarla a chiarire le sue priorità tramite l’ascolto attivo, aiutarla ad ascoltare i bisogni propri, quelli del padre del bambino, e le esigenze del bambino stesso.
I diversi centri possono prevedere iter chirurgico e tempi per l’intervento diversi tra loro: l’intervento può essere effettuato a età diverse del bambino (alcuni centri operano prima, altri più tardi), l’intervento può essere in una unica fase o in più fasi, e ci possono essere protocolli differenti riguardo al digiuno pre-operatorio e all’alimentazione post-intervento su cui i genitori possono desiderare informarsi.
Riguardo al periodo post-operatorio, ad esempio, alcuni centri permettono al bambino di usare il suo abituale metodo di alimentazione subito dopo l’intervento (che sia il seno o biberon), mentre altri praticano restrizioni all’alimentazione anche per settimane (per esempio il bambino potrebbe essere alimentato tramite sondino, cucchiaino o siringa senz’ago). Tuttavia, l’esperienza di ospedali che non richiedono tali restrizioni (al momento attuale l’ospedale Cisanello di Pisa e quello di Lucerna in Svizzera ne sono due esempi) e alcuni studi (nota 8) sembrano dimostrare che ciò non sia necessario.
Il percorso dell’allattamento
Le personalità della mamma e del bambino incideranno sull’andamento dell’allattamento. In generale le mamme fortemente motivate sono quelle che hanno maggior successo. Anche i bambini possono essere più o meno interessati all’allattamento e questo si nota particolarmente nel periodo successivo all’intervento della chiusura del palato (oltre il quinto mese di età) quando il successo dell’allattamento al seno dipende in modo importante dalla disponibilità del bambino a imparare a poppare in un modo nuovo o per la prima volta a causa del palato riparato.
Tra i fattori che influenzano positivamente la determinazione delle mamma ad allattare vi sono: la presenza di esperienze precedenti, dirette o indirette, di allattamento (specialmente se piacevole), il desiderio di riscatto di un allattamento precedentemente fallito, la conoscenza dell’importanza dell’allattamento per il proprio bambino e per la propria salute.
Le mamme con una precedente esperienza diretta di allattamento saranno avvantaggiate perché sapranno far fronte ad alcune difficoltà comuni come ingorghi, produzione di latte ecc., ma avranno già uno o più figli da accudire e avranno perciò bisogno di sostegno per affrontare il maggiore impegno per conciliare la spremitura del latte, le poppate lunghe e il tempo da dedicare al neonato in aggiunta ai bisogni degli altri bambini.
La mamma alla prima esperienza di allattamento potrebbe non avere una percezione corretta del tempo richiesto da un ‘normale’ allattamento. Molte mamme possono sentirsi sopraffatte dalla fatica e dalla responsabilità di un neonato che deve essere accudito 24 ore su 24. Sapere che la stanchezza e l’ansia non dipendono esclusivamente dalla labio/palatoschisi o dalla sua abilità come mamma, ma sono esperienze comuni, in queste situazioni può fare la differenza. Risulta perciò utile ricordare alla mamma gli aspetti di ‘normalità’ della sua esperienza, senza trascurare la particolarità del suo caso specifico. A questo proposito, sappiamo che gli incontri di auto-aiuto (come ad esempio gli incontri mensili de La Leche League) aiutano molto la mamma, sia per mettere nella giusta prospettiva le sue difficoltà, sia per trovare informazioni e sostegno da altre mamme che allattano (nota 9). È importante che l’operatore sia in grado di indirizzare la mamma verso questi gruppi per aiutarla nel suo percorso, quando questi siano presenti sul territorio.
Perché le mamme rinunciano?
Molte mamme rinunciano prima ancora di cominciare perché viene detto loro che non è possibile allattare un bambino affetto da labio/palatoschisi.
A volte tuttavia le mamme rinunciano per motivi che non riguardano la labio/palatoschisi, esattamente come qualsiasi altra mamma. La Consulente dovrebbe ascoltare la mamma prima di catalogare il caso come “speciale” perché spesso queste mamme sono preda di preoccupazioni comuni a tutte le mamme (crescita del bambino, frequenza delle poppate, pressioni esterne, ecc).
Accade anche che alcune mamme vengano scoraggiate dagli operatori che hanno in cura il bambino per la labio/palatoschisi perché il bambino prende “poco peso” in vista dell’intervento chirurgico. In questo caso è particolarmente importante che si crei una buona collaborazione tra le diverse figure che seguono la mamma e il bambino al fine di valutare insieme quale sia un livello adeguato di crescita in quella situazione e come raggiungerlo senza compromettere l’allattamento.
Un altro problema che talvolta emerge dai racconti delle mamme, è che spesso il bambino operato al palato può non desiderare poppare per alcune settimane. Pertanto, senza un sostegno competente, la mamma potrebbe erroneamente interpretare il suo rifiuto come un precoce desiderio di svezzarsi dal seno.
L’alimentazione con latte formulato può sembrare in apparenza più semplice per una mamma di un bambino con labio/palatoschisi in queste situazioni. Questa visione non prende in considerazione però l’importanza dell’allattamento per la salute del bambino. Nei momenti di difficoltà, potrebbe essere di incoraggiamento per la mamma conoscere l’importanza specifica dell’allattamento per un bambino affetto da labio/palatoschisi (nota 10).
Come si può incoraggiare la mamma che non trova il tempo di fare fronte a tutto?
Accudire e alimentare un bambino affetto da labio/palatoschisi richiede molto tempo: il bambino può avere una suzione inefficiente che porta a poppate lunghe, può aver bisogno di un’integrazione a fine poppata, e la mamma generalmente deve tirarsi il latte più volte al giorno. Per produrre latte in quantità sufficiente a coprire l’intero fabbisogno del bambino e per alimentarlo, la mamma spesso impiega un tempo paragonabile a quello di un allattamento di due gemelli, o addirittura di tre gemelli. Le mamme che ricorrono ad un’aggiunta di formula, dunque, sono frequenti.
Sentirsi lacerati tra il desiderio di allattare il neonato e/o tirarsi il latte da un lato ed i bisogni propri e degli altri membri della famiglia (soprattutto degli altri figli) dall’altro, è forse una della cause più frequenti di abbandono della spremitura del latte e dell’allattamento.
Gli operatori sanitari dovrebbero essere al corrente delle difficoltà affrontate dalle mamme affinché la donna venga incoraggiata e si senta apprezzata per quello che riesce a fare. La mamma potrebbe sentirsi inadeguata perché utilizza la formula, o perché non riesce a trovare il tempo per attaccare il bambino al seno. È importante quindi evitare di scoraggiarla con aspettative al di fuori della sua portata.
La Consulente può incoraggiare la mamma a chiedere aiuto per tutto ciò che può essere delegato ad altri (i lavori di casa, il lavaggio e la sterilizzazione del tiralatte, la preparazione dei pasti, ecc). Può essere difficile per una mamma imparare a farlo, per cui bisogna ricordarle l’importanza del suo lavoro come nutrice e come punto di riferimento per il neonato e gli altri suoi figli.
Ci sono alcune apparecchiature che possono contribuire a semplificare e velocizzare il lavoro di tirare e somministrare il latte: un buon tiralatte elettrico (a noleggio o portatile) ad attacco doppio può ridurre sensibilmente il tempo necessario per estrarre il latte; esistono reggiseni progettati per reggere le coppe del tiralatte lasciando libere le mani per fare qualcos’altro (tenere il bambino in braccio, leggere un libro o partecipare al gioco del fratello più grande), e le varie attrezzature per la somministrazione del latte al seno (DAS, LactAid). Le mamme potrebbero essere restie a spendere soldi per questo, e la conferma della loro utilità da parte di una Consulente potrebbe aiutarle a soppesare la decisione dell’acquisto.
Una mamma può sentirsi particolarmente frustrata quando non riesce a nutrire il figlio in prima persona per mancanza di tempo, anche per la mancanza di intimità con il neonato che ne consegue. La mamma può essere rassicurata che questo è un periodo ”passeggero” e dovrebbe essere lodata per gli sforzi che sta facendo. Più figli ha la mamma, più sarà consapevole che nessuna di noi riesce ad essere la madre “ideale”: avrà bisogno di sentirsi ripetere che è importante soddisfare i bisogni primari di tutti i componenti della famiglia, ma che gli altri bisogni si soddisferanno man mano che la situazione si stabilizzerà.
Conclusioni
Il percorso dell’allattamento di un bambino affetto da labio/palatoschisi può essere lungo e complesso. La mamma deve generalmente affrontare molte difficoltà. Potrebbe aver bisogno di sostegno per quanto riguarda l’allattamento dal momento della diagnosi prenatale, o dopo la nascita del figlio (se non è stato diagnosticato precedentemente) e per tutto l’arco dell’allattamento fino all’intervento di chiusura del labbro o del palato.
Prima ancora di prendere in esame i dettagli pratici, si dovrebbe cominciare con il formare aspettative positive, cioè informare la famiglia che è possibile allattare il suo bambino affetto da labio/palatoschisi, e indirizzarla verso una Consulente in allattamento e verso gruppi di auto-aiuto, dandole informazioni corrette riguardo all’allattamento, sia in generale sia specifiche per la labio/palatoschisi. Successivamente la Consulente dovrà aiutare la mamma ad affrontare le difficoltà pratiche che incontrerà e aiutarla a porsi obiettivi realistici in rapporto al tipo di schisi del bambino.
A volte, in mancanza di un sostegno globale (équipe di competenze coordinate in un unico luogo), i genitori potrebbero sentirsi disorientati e potrebbero chiedere informazioni che vanno oltre le competenze della Consulente, ad esempio riguardo alla scelta della struttura per il parto, per gli interventi chirurgici, sull’alimentazione con la formula, oppure un sostegno di tipo psicologico. La Consulente informata sulle problematiche inerenti alla labio/palatoschisi potrà in ogni caso prestare ascolto alla mamma ed aiutarla ad individuare i suoi bisogni ed i bisogni del bambino, in modo che la donna stessa possa cercare le soluzioni che meglio rispondono alle sue preferenze, al suo bambino e alla sua famiglia.